Perdere il lavoro 1: Capovolgi la prospettiva

by albi69

Questo è il primo post di una serie che ho annunciato qui. È il primo anche in ordine di necessità. Prima di affrontare gli altri argomenti, infatti, è necessario lavorare un po’ su se stessi, prendere coscienza anche degli aspetti positivi (o almeno non completamente negativi) di quello che ci sta succedendo. Si tratterà, quasi per tutti, di un capovolgimento totale di prospettiva. Non sarà semplice, ma è il primo, fondamentale passo da fare per uscire dall’equazione disoccupazione = fine del mondo. Io ci sono passato, questa è la mia testimonianza.

Quando ho perso il mio posto di lavoro mi è sembrato che il mondo mi crollasse addosso. Ho temuto che in breve tempo avrei perso tutto, e mi sarei trovato a mendicare per strada. Quando ero poco più che un bambino, ero convinto, non so perché, che a quarant’anni sarei diventato un barbone. Lo ricordo nitidamente, ed è un pensiero che mi è tornato in mente spesso anche in età adulta. Finché, a 39 anni non ho perso il lavoro. E ho cominciato a fare due+due… Senza necessariamente avere i miei stessi ricordi di gioventù, è facile comprendere come chiunque, nel momento in cui oggi si trovasse a perdere il lavoro, potrebbe lasciarsi andare a previsioni ed atteggiamenti pessimistici. È naturale. Ma è sbagliato. Potrebbe sembrare folle voler a tutti i costi puntualizzare come anche in una situazione come questa ci siano degli aspetti positivi. Ma è innegabile che sia così. Cerchiamo di analizzare la cosa senza farci prendere la mano dall’obiezione facile. Hai sempre pensato che se avessi avuto più tempo avresti coltivato di più le tue vere passioni. Ora il tempo ce l’hai. È vero: per tirare avanti dovrai comunque dedicare del tempo a qualcosa che abbia un ritorno economico. Ma chi ha detto che non possa essere una di quelle tue passioni a ricompensarti anche economicamente? Buttati anima e corpo sulle tue passioni. Trasformale nel tuo nuovo lavoro. È possibile, anzi probabile, che nell’immediato guadagnerai meno di prima, quindi diventa fondamentale che almeno il tuo nuovo lavoro ti appassioni veramente, in modo che il piacere di farlo bilanci le minori entrate economiche. Può sembrare paradossale, ma quello che ti è successo e che a te ora sembra la peggiore delle iatture, potrebbe invece essere stata una benedizione: l’aver perso il lavoro oggi potrebbe essere la tua fortuna di domani. Non cercare fuori il tuo nuovo lavoro (ehm… tanto difficilmente lo troverai). Guarda dentro di te. Ho cominciato a lavorare un mese e mezzo dopo aver fatto il mio esame di maturità. Ed ho continuato a lavorare senza interruzioni per diverse case editrici, finché alla fine del 2008 l’azienda per la quale lavoravo non è fallita. Lavoravo mentre studiavo all’Università, lavoravo mentre facevo il servizio militare, lavoravo sempre. Dal settembre del 1987 al dicembre 2008, ho lavorato sempre. Si può immaginare quindi l’impatto che ha avuto su di me il ritrovarmi improvvisamente a casa. E non per un giorno, una settimana o un mese, ma a tempo indeterminato. Mi mancava il terreno sotto i piedi. Non riuscivo a non svegliarmi ai miei soliti orari, faticavo persino a capire che non ero costretto a mangiare un panino di corsa all’ora di pranzo. Ho cominciato allora a caricarmi di cose da fare, a cercare di nuovo quei ritmi veloci che avevo quando lavoravo. Senza capire che quell’abbondanza di tempo che mi assediava, era in realtà il bene più grande, la risorsa più importante che mi ritrovavo fra le mani. Potevo studiare, potevo stare di più con mio figlio, potevo fare progetti, potevo coltivare le mie passioni, trasformandole in qualcosa di più concreto, e magari redditizio. Perdere il lavoro è un duro colpo, ma ci permette di riazzerare tutto, di riappropriarci, seppur temporaneamente, del nostro tempo, di ripartire da capo e, forse, di evitare gli errori commessi la prima volta, magari per inesperienza o furore giovanile. Io ci ho messo un po’ a capirlo. Non fate il mio stesso errore.

P.S. Lo so, l’obiezione è legittima: “ma se io mi metto a coltivare le mie passioni, intanto i miei figli cosa mangiano?”. Il problema è che io posso scrivere di come è stata (ed è) la mia esperienza, ben sapendo che non può certo andar bene per tutti. Spero solo che chi ne ha bisogno, riesca a trovare qua e là qualche spunto interessante da approfondire, o qualche idea piacevole da sviluppare. E non mi sfugge certo che l’aspetto economico sia prioritario, semplicemente credo ci siano alcuni argomenti di cui bisognerebbe trattare prima di arrivare ad analizzare quello.

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