Farmer's Market: c'è qualcosa che non capisco
by albi69
Per la prima volta, questa mattina sono andato a fare spesa in un Farmer’s Market. Si tratta di un mercato dove i coltivatori si riuniscono per effettuare vendita diretta al pubblico. Niente di nuovo, ma ultimamente di vendita diretta se ne parla parecchio. “È un fenomeno che, in Italia, ha stentato a diffondersi ma che, oggi, sta suscitando un particolare interesse da parte dei consumatori, che possono risparmiare e avere certezza dell’origine di ciò che acquistano, e delle aziende agricole che, accorciando la filiera, vedono aumentare il valore aggiunto di ciò che propongono“, come scrive l’opuscolo realizzato dalla Onlus ambientalista FareVerde per la commissione Ambiente di Roma Capitale (Comune di Roma) dal titolo Tu risparmi, l’ambiente ci guadagna. Incuriosito da questo e da quanto avevo recentemente letto su alcuni blog, ho voluto provare anche io. Lo scopo era meramente pratico: confrontare il F’sM con gli altri punti vendita dove abitualmente io e la mia famiglia ci forniamo per capire se c’è occasione di risparmio oppure no. Visto che si è fatto un gran parlare la scorsa settimana, a proposito dei supermercati carenti di merci a causa dello sciopero dei tir, con conseguente aumento dei prezzi, sono passato venerdì presso i due super dove più spesso facciamo la spesa. La merce c’era, i prezzi erano i soliti, e io mi sono annotato quelli della frutta e della verdura di stagione. Per la cronaca si tratta di un punto vendita ex Carrefour, da poche settimane passato alla catena Savings, e di un punto Todis. Fra i due, relativamente alla frutta e alla verdura, ho trovato poche differenze. Quando questa mattina sono andato al F’sM (quello nell’ex mattatoio di Testaccio), non ho potuto fare a meno di notare che i prezzi sono decisamente più alti rispetto a quelli dei supermercati che frequento. Su tutto, sia sulla verdura che sulla frutta. Con una curiosa predisposizione ad arrotondare tutto a 2 euro al chilo. Ora, io non sono un esperto e magari mi sfugge qualcosa, ma credo che accorciare la filiera, oltre che ad inquinare meno, serva anche ad eliminare le intermediazioni fra il produttore e il consumatore, dunque a risparmiare su determinati costi che incidono sul prezzo al consumatore. Probabilmente le cose che ho comprato saranno mediamente più buone e saporite rispetto a quelle prese al super, e sicuramente sono più genuine, ma la sensazione che da parte del produttore-venditore ci sia un po’ di furbizia è piuttosto forte. Dimenticavo: ho fatto acquisti su almeno 5-6 banchi diversi (oltre a frutta e verdura ho comprato formaggi, pane, dolci e anche carne), non ho ricevuto neanche uno scontrino. Poi uno pensa male…
Condivido appieno le perplessità di alby circa i prezzi alti dei “rivenditori biologici” (scusate la terminologia approssimativa). Per noi comuni mortali la provenienza di questi prodotti sani rispetto a quella delle merci da grande distribuzione è più o meno la stessa: sconosciuta.
La mia esperienza, molto simile a quella di adf, si basa sul mercato del sabato del circo massimo e il risultato è stato un costo della spesa TRIPLICATO rispetto al normale ( e tra l’altro cerco di rifornirmi il più possibile in negozi di privati e non in supermercati) con sapori simili, forse meno buoni, ma ritengo sia colpa del mio palato non avvezzo a cibi naturali (?).
Devo aggiungere inoltre il disagio di aver notato come questo mercato fosse popolato per larga parte da radical-chic ( e ti credo, con questi prezzi – ho pensato) e non da famiglie “normali”. Scusate ancora i termini, capisco che rischio di essere frainteso…
Insomma, la mia impressione è che qui a Roma il discorso sia molto diverso da quello fatto da cristiana; qui forse il km zero è cosa da salotto della sinistra, la solita gauche caviar che tende sì a dire che la salute è un bene da ricchi. E intellettuali.
Benvenuto Cico! Caspita, il costo triplicato è veramente eccessivo. Mia moglie Anna è entusiasta della spesa fatta lì al Farmer’s Market dell’ex mattatoio, ma lei non ha sott’occhio il budget familiare (la donna di casa sono io…). Intanto però posso dire che la qualità è nettamente superiore a quella del supermercato. Su consiglio di Cristiana, sto cercando ora di capire se i gruppi d’acquisto o altre iniziative simili possono essere una soluzione praticabile. Appena sperimentato ne scriverò qui sul blog. Per quanto riguarda le frequentazioni radical chic, non saprei che dire. Bisogna vedere sei i prezzi sono alti perchè la zona è popolata da gente che sta bene (d’altra parte Moretti vive lì, no?), oppure se lì ci va solo gente ricca perchè i prezzi sono troppo alti… Adf
Ciao Albi. Oddio… è difficile per me scrivere a un giornalista, ma farò del mio meglio :-)))
Come tu sai, da un po’ di anni vivo in campagna. Una campagna “vera”, non di seconde case per i w.e. dei cittadini, una campagna vissuta dai contadini. Questa è la zona in cui nasce il biologico italiano e qui sta prendendo sempre più piede il biodinamico. Si cerca di rispettare la terra e rispettare la terra significa anche rispettare il lavoro del contadino. È un lavoro duro, pesante che non conosce sosta. Non esistono sabati, domeniche, feste di nessun genere… sei sempre lì nei tuoi campi e vicino ai tuoi animali con il sole, il caldo afoso o la pioggia, la neve e il gelo che ti spacca le mani ed il viso.
Quando vivevo in città un inverno mite era tutto sommato gradito, piacevole… oggi mi rendo conto di quanto questo invece possa essere catastrofico per chi lavora la terra. Un mese di mancata pioggia, una primavera arida, o un’estate troppo piovosa, un anno senza neve, sono tutte situazioni che possono compromettere l’attività ed il raccolto di un intero anno. In città si è perso il contatto con la natura e non ci si rende più conto di troppe cose.
Credo ci sia molta confusione sul discorso della filiera corta e mi pare che la Onlus ambientalista FareVerde non abbia contribuito a fare chiarezza ma che abbia certamente pubblicizzato l’evento catturando l’attenzione dei più con l’argomento risparmio che al giorno d’oggi, si sa, interessa tutti. Filiera corta significa meno camion in giro per l’Italia e l’Europa (non si possono comprare i pomodori a gennaio perché la natura non lo prevede, tanto più se vengono dall’Olanda!!!), e su questo siamo tutti d’accordo. Filiera corta significa anche eliminare tutti quei personaggi che stanno tra il produttore ed il consumatore che sinceramente sono diventati davvero troppi. Ma la presenza di questi personaggi per non incidere troppo sul consumatore si sono riversati (al contrario di quanto si pensi) quasi totalmente sul produttore: i contadini oggi sono sottopagati. Ecco perché chiudono i produttori di latte, ecco perché i pastori sardi sono incazzati, ecco perché si buttano le arance siciliane…
Il consumatore deve tenere gli occhi mooooolto aperti e cercare di capire per quale motivo un prodotto ha quel costo ed informarsi sul tipo di coltivazione-allevamento che fa il produttore.
Il mio vicino di casa vende il latte di mucca a 1,60 circa, più di tanti tipi di latte che trovi nei supermercati, eppure ci siamo solo io consumatore e lui produttore e per di più sono io che me lo vado a prendere a casa sua con la mia bottiglia di vetro. Eppure sono ben felice di dargli quei soldi perché il latte sa di latte e so cosa mangiano le sue mucche che pascolano nei campi certificati biologici. Non lo faccio neanche bollire perché i suoi animali sono super controllati. I suoi formaggi sono eccezionali e costano più o meno 12 euro al chilo: non più di tanti formaggi che trovi nei banchi dei supermercati. Eppure sono le stesse vacche che danno quel fantastico latte biologico a me!
Un maiale nato e ingozzato in Romania o in Polonia dopo 300 giorni dalla nascita pesa già 120 chili ed è pronto per la macellazione (“carne a prezzi ridicoli, con i quali neanche gli allevatori africani riescono a competere…”) poi viene a fare una breve vacanza in Italia e viene venduto sotto forma di prosciutto alla modica cifra di 7 euro al chilo… Un altro mio vicino di casa vende prodotti di norcineria tutti biologici: i suoi maiali di cinta senese razzolano nei campi e nei boschi. Passano la vita all’aperto e mangiano quello che passa il bosco ed il contadino che li nutre a sfarinati biologici che lui stesso produce. Gli do 28 euro al chilo per i suoi prodotti ma è giusto così.
Secondo me c’è anche un errato utilizzo di alcuni termini oggi: si parla tanto del prodotto “genuino”, ma che cos’è il prodotto genuino? Il prodotto di una volta? Come lo facevano i nostri nonni? Che dio ce ne scampi! Spesso venivano usati pesticidi e concimi chimici per le coltivazioni e conservanti di ogni genere per la lavorazione dei cibi… Genuino significa “naturale”, “non alterato”, quindi “biologico”. Biologico significa seguire i ritmi della natura e quindi un albero ricomincerà a produrre 100 e non 1000. Il concime sarà prelevato dalle nostre fantastiche vacche, i pesticidi saranno sostituiti dalle coccinelle ed i raccolti verranno fatti su 90 giorni invece che su 30. Se il lavoro del contadino è quello di produrre qualcosa che ti alimenti senza farti male è giusto che gli venga pagato ed il consumatore non può che guadagnarci in salute… e non è poco!
Per quanto riguarda lo scontrino, non pensare male: è la legge che esonera i produttori diretti dall’emissione dello scontrino fiscale. 🙂
Cri
Grazie Cri’, grazie mille davvero. Mi hai tirato su di morale. C’ero rimasto un po’ male devo dire la verità. Non so cosa mi aspettassi di trovare, stamattina. Mi sono un po’ stranito già appena entrato perchè più che un vero mercato sembrava una cosa un po’ finta, tipo le bancarelle di frutta e verdura a Londra e New York, che la roba sembra lucidata, tutta messa in composizioni che sembrano preparate con inDesign. Poi quel cartellino “2 euro al chilo” messo un po’ ovunque, si trattasse di mele o di spinaci… beh, insomma, non mi aveva fatto una buona impressione. E grazie soprattutto per la storia degli scontrini che non sapevo (che ‘gnorante!). Certo la discriminante economica è importante, e se non riescono a tenere i prezzi, non dico sotto quelli dei supermercati, ma almeno vicini, sarà dura che questi posti qui attirino gente. Toglimi una curiosità, ma i contadini della tua zona vendono solo direttamente o riforniscono anche negozi/market? E come cambiano i prezzi in quel caso?
Ciao Alby
La concorrenza sul prezzo tra un prodotto veramente sano (non uso il termine biologico, in quanto abusatissimo) ed un prodotto da supermercato e’, a dispetto dell’accorciamento della filiera, una chimera.
Per darti un piccolo parametro, l’uliveto a Passo Corese degli zii della mia consorte, su un terreno non trattato chimicamente da almeno due decenni, dava un olio eccellente. Con i lavoranti pagati a norma di legge, il frantoio (dove controllavamo che l’olio fosse quello delle nostre olive) il costo finale di produzione era di circa € 8,50 al litro.
Come può (se mai volesse ferlo) competere in termini di prezzo con gli olii dei grandi frantoi italiani? Sulle loro etichette campeggiano bucolici panorami umbri o toscani, le loro olive pero’ vengono da aree di tutto il bacino mediterraneo, dal Maghreb, e loro escono a prezzi giustificabili da manodopera sottopagata e probabilmente di un uso spinto della chimica (non parlo do OGM, perché non ne conosco l’impiego in questo settore, anche se il sospetto mi sfiora)
Quindi, tornando a Passo Corese ed al nostro olio, a parte la bontà al palato, eravamo certi di non ingerire nessun elemento non naturale.
E la salute non ha prezzo.
O e’ anche quella una cosa da ricchi?
O’Presidente
Beh, la discussione comincia a farsi interessante. La domanda non è peregrina. La salute è roba da ricchi? Perchè spesso sentiamo ragionamenti sulla sovrappopolazione del pianeta, sul fatto che non ci sarà da mangiare per tutti e dovremo creare cibo in laboratorio (OGM e affini). Ci sembra che la cosa riguardi altri lontano da noi o che verranno dopo di noi. Non è che invece ci siamo già dentro? Far mangiare roba ‘sicura’ e salutare a una famiglia media, diciamo 4 persone, tutti i giorni di ogni settimana, quanto costa? Io, facendo la spesa (quasi) sempre nei supermercati, spendo circa 400 euro al mese, a volte di più. Non è poco. Soprattutto in questo momento non potrei mai fare con costanza una spesa fuori dal supermercato. Non me lo posso permettere. O forse sì, ma dovrei operare tagli drastici sul resto (e ormai è rimasto poco su cui tagliare ;-)). Quindi la domanda torna prepotente… la salute è, e diventerà sempre più, una roba da ricchi? Comunque il mio prossimo esperimento sarà un mese di spesa market-free. Alby
I contadini che conosco io vendono i propri prodotti o direttamente (e quasi tutti fanno parte della rete di Slow Food) o tramite i GAS (Gruppi di Acquisto Solidale). I gruppi di acquisto solidale sono formati da persone che si organizzano tra loro (ce ne sono grandi e grandissimi ma anche di piccoli, semplicemente gruppi di amici o famiglie numerose o addirittura condomini) e che decidono di bypassare la rete di distribuzione andando ad acquistare direttamente dal produttore. In pratica io e te abbiamo bisogno di acquistare frutta e verdura una volta a settimana; andiamo dal contadino, vediamo come lavora e se ci piace e ci mettiamo d’accordo con lui sul prezzo garantendogli ordini di un certo quantitativo, e che una volta a settimana ci dà appuntamento a casa di tizio dove porterà la sua produzione di frutta e verdura di stagione. Io so cosa mangio e lui guadagna di più. Eticità: nei confronti di chi lavora, della natura e di noi stessi.
Non sempre si fa sulla filiera corta perché ovviamente alcuni prodotti vengono da altre località. Nel nostro caso ad esempio acquistiamo arance biologiche da un contadino siciliano che fino a qualche anno fa stava per lasciar marcire tutte le sue arance sugli alberi perché la manodopera costava troppo rispetto a ciò che guadagnava dalla grande distribuzione.
Se acquisti in altri Paesi del mondo è giusto corrispondere per il prodotto il prezzo corrente nel nostro Paese per dare più possibilità a chi normalmente viene sfruttato (produttori di cacao, caffè, zucchero integrale, ecc.).
Qui di seguito trovi il link della rete GAS del Lazio. Trovi un sacco di informazioni e sono attivi in tutti i quartieri di Roma.
http://www.gasroma.org/
Sì, conosco i gas, e presto proverò. Mi hanno passato anche questo link http://www.zolle.it Cosa ne pensi?
La salute è cosa da ricchi? Se come detto, salute e alimentazione vanno parecchio a braccetto, beh, forse stanno facendo che in modo che lo diventi sempre di più. Le multinazionali dicono che per soddisfare il fabbisogno di cibo dell’intera popolazione del globo non restano altro che gli OGM… io non ci credo. Gli OGM resisteranno pure alle malattie più assurde ma, punto primo non sappiamo quali effetti possano avere sulla nostra salute (io e te ormai siamo vecchietti e ‘ste cose ci fanno un baffo, ma un bimbo? Alimentato dalla nascita con OGM, all’età nostra come starà?), e punto secondo perché le piante prodotte dagli OGM sono sterili e ogni volta che voglio mettere a terra una piantina devo comprarla. Nonononono… Si dice che basterebbe diminuire drasticamente il consumo di carne per poter utilizzare le coltivazioni destinate all’alimentazione animale, per quella umana. Ma lo vedi che sta succedendo oggi? Terreni fertili, in pianura, in zone rigogliosissime… ricoperte da pannelli solari! C’è qualcosa che non torna… Ma davvero dobbiamo sempre stravolgere tutto? E siamo davvero convinti di poter piegare la natura ai nostri bisogni?
Ma quali sono i bisogni umani? Questo mi sono domandata quando ho cambiato vita. Sicuramente quello di alimentarsi, di non patire il freddo, di stare in salute, di seguire dei ritmi più naturali e di dedicarsi del tempo. Tutto il resto è superfluo. In fondo anche il tuo decluttering credo sia la risposta a questo quesito. E se tu vivessi in campagna sapresti fare a meno di moltissime altre cose innanzitutto perché non avresti sempre il diavolo tentatore che ad ogni vetrina ti dice “compramiii!!!” e perché quello che ti circonda ti appaga talmente tanto da non aver bisogno di andare a fare shopping nei centri commerciali. Qui vivi con un paio di jean fino a che i buchi non diventano tanto grandi da essere imbarazzanti, le magliette idem, le scarpe finché non si scollano (ma solo dopo averle incollate due o tre volte!). Cento metri quadrati di orto ti danno frutta e verdura per un bel po’ di tempo e se hai un fantastico surgelatore o ti sai fare le conserve, ti mangi la tua produzione per tutto l’anno… Ok, così facendo il PIL non aumenta, ma, incredibile ma vero, tu sei più ricco! Un controsenso, non credi? 🙂
Non hai un po’ di terrazzo? Prova a piantarti un po’ di ortaggi per la prossima primavera. “Accattati” un po’ di bancali, li smonti e ti ci fai un cassone di legno di un metro cubo (per il costo dei soli chiodi se non li hai già), lo riempi di terra e stallatico e ti ci pianti le tue insalate, i ravanelli, i pomodori… È divertente e comincia a farti entrare nell’ottica che se tu mangi è grazie alla “Terra” e per questo gli dobbiamo rispetto.
Comunque a proposito dei G.A.S. sono andata a vedere il sito di Zolle. Mi piacciono! Tra l’altro sono tutti certificati biologici e i prezzi non mi sembrano neanche esagerati. Trovo interessante che siano stati i produttori ad organizzarsi invece dei consumatori. Ce n’è tanta di gente che vuole uscire dai soliti meccanismi. Lo trovo interessante e mi dà speranza per il futuro. 🙂
A presto Albi.
Cri
Il terrazzo? Se lo avessi avuto ti assicuro che mi sarei già organizzato. Purtroppo no, ma ti assicuro che nella mia testa i progetti in questa direzione non mancano. Stasera faccio il mio ordine a Zolle! Un bacio a tutti!