Becoming Minimalist: newsletter n. 17
by albi69
Nella nuova edizione della newsletter di Becoming Minimalist c’è un editoriale interessante (finalmente!). Non in senso assoluto, certo. Diciamo che ha catturato il mio interesse perché in questo periodo mi è capitato spesso di riflettere sull’argomento di cui parla: la perseveranza. Lo traduco qui sotto. A seguire, qualche link in tema minimalismo.
“Molti falliti sono persone che non hanno capito quanto fossero vicini al successo quando hanno deciso di arrendersi” – Thomas A. Edison
In questi giorni sto giocando un pessimo tennis. E quando dico pessimo intendo veramente pessimo. Ho perso cinque partite su cinque nel torneo di tennis del mio quartiere… lo stesso identico torneo che avevo vinto lo scorso autunno! La scorsa settimana ho perso così malamente che sono stato tentato di smettere di giocare. Ma poi mi sono ricordato di quanto duramente mia figlia di sei anni stia lavorando a scuola per imparare a leggere l’orologio… e allora ho deciso che dovevo perseverare. I miei figli sono davvero importanti per me. Lavoro tanto, e con impegno per aiutarli a sviluppare abilità che considero importanti. Con “abilità importanti” non intendo leggere o scrivere, o l’aritmetica, intendo piuttosto la gentilezza, l’umiltà, la responsabilità, la disciplina e la perseveranza. E la perseveranza è quella su cui abbiamo lavorato più spesso con mia figlia. Lei ha la tendenza a sentirsi frustrata quando non riesce a fare qualcosa per bene già al primo tentativo. Questo, ovviamente, non è inusuale. Ma quando la frustrazione si trasforma troppo velocemente in rinuncia, io spesso intervengo e la spingo a perseverare. Io capisco che la vita a volte può essere difficile. Lo so che molti fra i concetti più importanti che imparerà a scuola e nella vita le richiederanno tempo e fatica. Non tutto ci riesce al primo colpo. Ma so anche che lei non raggiungerà mai il suo pieno potenziale nella vita finché non imparerà a superare la frustrazione e a provarci ancora. E se quella dolorosa della perseveranza, è una lezione importante per lei, lo è anche per me. Le persone che ottengono di più nella vita, hanno imparato l’arte della perseveranza. Le persone di maggior influenza al mondo, non sono quelle che riescono a fare le cose giuste al primo tentativo. Sono quelle che rifiutano di arrendersi… indipendentemente dal punteggio.
I link di questa newsletter:
• Il vuoto… pieno di possibilità: il concetto del giapponese ‘MA’. Qui
• Il confronto è la morte della felicità. Qui
• Ormai su Internet se ne parla tanto. Ma cosa vuol dire “vivere semplicemente”? Qui
• Decluttering digitale? Poche scuse, passiamo all’azione! Qui
• Stiamo scrivendo la nostra storia. Che storia vorreste venisse raccontata un giorno? Qui
Il mio discorso verteva su qualcosa che ho sperimentato personalmente, e che per me contrata con le opinioni comuni.
facciamo un esempio:
se ho un problema fisico, per esempio di postura scorretta che mi causa problemi e io intervengo sul punto in cui c’è il sintomo con un trattamento 8perseveranza) ho risolto ma subito dopo interviene la recidiva e torno al punto di partenza. anzi, spesso il trattamento aggrava la situazione perché il corpo va in disequilibrio. Prima c’era un equilibrio precario, ma c’era un equilibrio. Ogni uomo è in equilibrio compensato, ovvero magari ha degli squilibri, fisici, caratteriali, psicologici, ma quasi tutti, incosciamente, usano tutte le proprie risorse per trovare una qualche forma di equilibrio. Se si interviene allora su di un punto solo del corpo (ad esempio, con la “perseveranza”, oppure con qualche altra positiva qualità, quell’equilibrio seppur precario si perde.
Conosco ad esempio individui senza perseveranza ma con molta malizia. Riescono perché hanno trovato quel tipo di equilibrio, Oppure perseveranti ma distratti. Riescono (a vivere) perché hanno trovato un quell’equilibrio, che nel lungo periodo è assolutamente logorante, ma nel lungo periodo, ovvero arrivano in età anziana con problemi invece di essere in forma. Nel breve invece il corpo, la psiche stessa attua una compensazione. mi fermo qui, spero si sia compreso, conosciamo tutti individui poco dotati in un campo, ma che hanno compensato con altre qualità e magari riescono benissimo.
Io stesso sono partito a curarmi un problema ad una coscia e ho scoperto che se voglio pormi su di un gradino più alto di forma fisica devo intervenire su tutto il corpo perché è tutto connesso: infatti faccio esercizi per la schiena, ho un lavoro dentistico in corso e devo portare suole ortopediche. Ed è un lavoro lungo e costoso ma ho deciso di farlo. Agendo sulla sola coscia, il mio corpo è andata in disequilibrio e ha praticamente ribaltato il problema, ha trasferito un squilibrio dalla gamba destra alla sinistra!
Ecco perché io non credo che l’applicazione della perseveranza abbia senso da sola. E’ come agire solo sulla coscia. Il corpo e la mente dell’uomo sono un processo molto complesso e che si articola su molti anni di vita, come un fiume che costruisce i suoi argini. Quando il processo è terminato, si può stare, o provare a stare, in pace con l’equilibrio raggiunto, oppure cercare di accedere ad un livello superiore di forma, di consapevolezza, di…
Però per fare questo salto, anche produttivo, la perseveranza (in questo caso) non basta. Non basta perché, io ne ho esperienza, spero altri ce l’abbiano, è come agire solo sulla coscia. “Io ho perseveranza”. Ma, ad esempio, ho anche equilibrio? Ho lavorato anche lì? Ho anche, non so, gioia di vivere (altrimenti su cosa persevero?). Ho consapevolezza? Ho amore, ho…
Se io prendo una vitamina come integratore, quella vitamina non mi fa nulla. Devo prenderla in combinazione con altre vitamine e minerali. Altrimenti il corpo praticamente non l’assorbe, la espelle.
Lo stesso per tutto, praticamente.
Non è una critica alla perseveranza, tutt’altro, ma come la vitamina funziona solo se una persona è in grado di vedere tutte le vitamine. Oppure, è questa forse è l’unica strada possibile, trovare il cuore dell’esistenza e poi il paesaggio si disegnerà da solo, l’equilibrio verrà negli anni per spargersi nei vari punti.
Ma se questo non c’è, se, ad esempio, io non sono perseverante ma sono geniale, o creativo, o… allora nonvale la pena investire troppo sulla perseveranza, su cui cmq sono limitato, ma sul mio estro. Perché lì io sono il top. Se investo lì i risultati saranno rapidi e abbondanti. Se investo sulla perseveranza, ma sono un tipo distratto, investirò molte energie ma avrò cmq un ritorno modesto.
Io sono un amante della perseveranza, intendiamoci, ma occorre anche vedere quella persona “chi è”? Quali sono le sue caratteristiche. Esistono campioni di calcio strapagati che praticamente giocano su di un piede solo, ma buono. Se averssero investito sull’altro piede, tempo e fatica, probabilmente avrebbero ottenuto risultati modesti. Investendo invece sul punto di forza, sono rimasti sì lacunosi, ma hanno compensato alla grande.
Aggiungo che oggi il mondo è cambiato ed è molto più veloce di un tempo, a mio avviso diventa importante la capacità opposta di cogliere le cose al volo, sfruttare le opportunità che magari durano un anno, sei mesi, e poi passare ad altro, in fretta e rapidamente dimenticando tutto, come uno specchio buddista che riflette la realtà presente e poi la lascia scorrere, occorre anche vedere la “natura” (intesa anche come società) in cui siamo immersi. Neppure i legami matrimoniali reggono più, la perseveranza un tempo aveva un senso, ma se una persona è, ad esempio, favorevole al divorzio e alla libera scelta, oggi conviene investire sulla 2perseveranza” o sulla “resilienza” 8capacità di adattarsi alla mutevole situazione, abbandonando la precedente.
Solo per dire che non credo sia oggi (ma forse mai) produttivo parlare di UNA qualità, o si coglie l’insieme, oppure si deve andare al centro dell’esistenza della singola persona e comprendere chi è e cosa in realtà quella persona è stata “costruita da dio” per fare.
Cmq non parlavo di fama, di eccellenza, anche perché, e la condizione è comunissima, io da ragazzo ero soddisfattissimo di me, ero contento di quello che facevo e avevo piena soddisfazione personale, erano i miei genitori ad impormi un modello, anche di perseveranza, per corretta educazione alla vita, ma io ero già soddisfatto così. E’ che i genitori ti preparano per un mondo che alla fine E’ competitivo. Se non lo fosse potrebbero semplicemente dire ai figli: “fai ciò che vuoi, l’importante è che tu sia felice e appagato”.
Invece no. Cavoli, no. Anche istintivamente preparano i figli non per un mondo in cui tu sia in pace e tranquillo, ti preparano per un mondo difficile in cui devi cavartela da solo. Un mondo di comptezione appunto. Se col tuo gioco di tennis, anche sbilenco, tu avessi avversari schiappa e vincessi sempre non cercheresti di migliorarlo. Il desiderio di migliorare deriva dalla competizione (naturale in questo mondo).
Ciao.
Sì è vero. Una qualità da sola non basta per ottenere risultati. Le variabili sono molte e altrettante devono essere le forze da mettere in campo. La perseveranza rischia di non essere efficace se non agisce in concomitanza con intelligenza, creatività, prontezza ecc. ecc. È anche vero che alcune di queste variabili potrebbero essere esterne a noi e non dipendere da noi. Faccio un esempio banale: mi presento ad un colloquio di lavoro in una grande azienda, vado bene, ma poi assumono un altro. Il suo colloquio è andato bene come il mio. Io non so perché hanno scelto lui. Potrebbe essere perché ha due anni meno di me, o perché è il figlio di Tizio, o perché su due candidati potevano prenderne uno e hanno fatto un sorteggio. Però so che è il ventesimo colloquio di lavoro che faccio negli ultimi due mesi. A questo punto ho due possibilità: smetto di fare colloqui perché sono stanco, oppure continuo a fare colloqui perché sono un tipo perseverante. La differenza (ed è una differenza importante perché al ventunesimo o al ventiduesimo colloquio sarò finalmente assunto in una bella azienda) la fa il mio grado di perseveranza. Decidere cosa insegnare a un figlio è davvero duro. Personalmente, data la mia esperienza, sono molto tentato dal discorso “fai ciò che vuoi, l’importante è che tu sia felice e appagato”. Trovo che alla fine faccia meno danni rispetto a un “stai in guardia, sono tutti figli di buona donna, sii figlio di buona donna anche tu”. Ci sono però dei ‘paletti’, dei valori assoluti che secondo me vanno bene in ogni caso. E uno di questi è sicuramente la perseveranza. Ciao.
Ciao,
io sono un cultore del duo, dualistico, Edison-Tesla, e quello della “perseveranza” è l’arma di chi non è un “genio” all’altezza di altri geni. Se la natura non ti ha dotato di una mente ai vertici della storia ma cmq di un’ottima intelligenza puoi compensare con il metodo, l’applicazione, la costanza e la perseveranza.
Però c’è una cosa che si dimentica di edison, ciò che ha reso lui uno dei personaggi più importanti della storia moderna: è l’istinto del venditore. E venditori si nasce. Se hai solo l’applicazione e la forza di volontà, raggiungi i risultati, ma non eccellerai mai davvero. In competizione con uno meno dotato ma bravo venditore (di sé stesso), il venditore vince sempre, se non combina disastri. Edison era caparbio ma anche uomo di forte spettacolo. E aveva un feroce senso della competizione. Rifiutò praticamente un nobel per non dividerlo con Nicola tesla che avrebbe potuto oscurarlo.
Posso dire per esperienza che la perseveranza è la fonte del successo, ma, parafrasando Sergio Leone:
“Quando un uomo con la perseveranza incontra un uomo con la parlantina, l’uomo con la perseveranza è un uomo morto”. Anche solo perché c’è gente che adora “vendere/vendersi”, fare teatro insomma piace, ce l’hanno nei geni, e altri sono più bravi ma questo teatro gli annoia.
Una volta ad un milionario una ragazza giornalista ha chiesto come avrebbe potuto fare a piazzare il libro che stava scrivendo, l’uomo gli rispose di seguire un corso di marketing. Non di applicarsi di più nella scrittura, dato che cmq un giornalista scrive ogni giorno. Ma di imparare a vendere/vendersi. E credo che avesse ragione.
Poi, ciliegina sulla torta parlando di Edison, che non inventava, ma perfezionava altrui invenzioni (Steve Jobs ha imparato la lezione), la sua forza ulteriore, quella che poi l’ha reso un gigante è stata questa:
“Lui riusciva a rendere un processo individuale in forma industriale”.
tutti gli scienziati sono in grado di inventare un marchingegno, magari una lampadina, ma quanti sono in grado di produrre milioni di lampadine per il mercato?
Lo scienziato genio no di certo, fa la scoperta e finisce lì. Edison prendeva le scoperte da laboratorio e le trasformava in un processo industriale fruibile potenzialmente da milioni di persone. Insomma era un uomo d’affari. E aveva un team di ricercatori che lavoravano per lui.
Riassumendo, non era solo la perseveranza il motivo del suoo enorme successo, ma:
Intelligenza – Perseveranza – Fiuto per gli affari – Capacità di vendere/vendersi – e poi una dose di spietatezza: quando un’invenzione, anche brillante, minacciava il suo giro di affari, egli la estingueva, la ridicolizzava, usava i suoi agganci politici per far negare i fondi.
Se abbatti chi è più in gamba di te ed è tuo concorrente, diventi tu la star, sali in vetta senza necessità di inventare cose stratosferiche o di stressarti. In effetti risulta che fosse un uomo abbastanza sereno ed equilibrato, abbattere i concorrenti non gli toglieva il sonno. dormiva poco di notte infatti ma si faceva due tre sieste brevi il giorno.
Ciao!!!
Ciao,
beh, interessante. Non conoscevo questa storia, grazie. Io però ho riportato il discorso sulla perseveranza perché mi sembra un punto molto importante data la situazione attuale di molte persone e famiglie. Oggi più che mai si rischia di abbattersi e rinunciare ai propri obiettivi o ai propri sogni. E in quest’ottica già il solo raggiungere un risultato potrebbe significare tanto (Tesla). Che poi ci sia qualcuno (Edison) che diventa famoso e più ricco di noi grazie ai nostri risultati, beh, mi sembra secondario. Quando l’alternativa è il fallimento, credo che all’eccellenza e alla fama si possa tranquillamente preferire la soddisfazione personale.