Decluttering in ufficio: un infografico
by albi69
La sostanza sarebbe che un ufficio (ovvero qualsiasi postazione di lavoro) sarebbe più efficiente se l’ambiente fosse più ordinato e meno intasato di oggetti inutili o quasi. Il che è piuttosto banale, lo sappiamo tutti. Come organizzarsi in maniera che sia e resti in ordine (e quindi efficiente) sembra invece essere un mistero per molti, a giudicare dalle condizioni della maggior parte degli uffici e delle scrivanie che mi è capitato di incontrare. Questo infografico, realizzato da MetroFax (in inglese) può essere d’aiuto.
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Perché ridurre quel 90% che pensa a sé stesso invece che al proprio lavoro? Se la produttività individuale dovesse crescere aumenterebbe la disoccupazione. al contrario, un lavoratore dipendente deve sperare che altri non facciano nulla, così si avrà bisogno anche di lui. so che ci hanno insegnato a fare gli interessi dei padroni producendo molto e lasciando a loro enormi margini di profitto, ma un bravo imprenditore di sé stesso dovrebbe valutare quale sia il proprio interesse. Nelle aziende con alta produttività, il personale assunto diminusce. Nelle aziende-carrozzone il personale necessario è enorme. Si racconta che poi inevitabilmente falliscono, in realtà falliscono anche le aziende all’avanguardia (vedi Olivetti) e altre non falliscono ma praticamente non hanno più personale.
Certo se invece di essere concentrati al 90% sui propri disagi si fosse concentrati sulla propria gioia di vivere ne guadagnerebbe sia la persona, sia il lavoro, nel senso che si lavorerebbe come trovandosi ad un pic-nic e non ad un funerale. PErò quello è un “clic” dentro la testa…
Con “ridurre quel 90%” intendevo proprio quello, ovvero ridurre il fatto di essere concentrati solo sui propri disagi. E perché accada, dovrebbero essere ridotti i disagi, chiaramente. L’esperienza Olivetti in questo senso era stata illuminante. Detto questo, disagi o no, sta a ognuno trovare la propria identità nel mondo lavorativo (clic), quanto farla coincidere con gli interessi del padrone, quanto ritagliarla intorno ai propri interessi. Purtroppo gli andamenti delle aziende carrozzone, quelle pubbliche soprattutto, si riflettono anche su chi non vi lavora, e questo non è molto giusto.
Purtroppo credo che i disagi aumenteranno. Non tanto perché “va male” ma in quanto le società “complesse” muiono, collassano per eccesso di complessità (disagi, inefficienza, incapacità di reggere la pressine esterna…). Se vuoi vediti in rete i lavori di Joseph Tainter, c’è anche il suo libro “The collapse of complex SocietY” ma non è tradotto in italiano. Cmq se si aspetta che diminuiscano i “disagi”, si ha già perso in partenza. Occorrono altre strade. Ciao.
Grazie per il consiglio, vado a vedere. Aspettare che diminuiscano i disagi? No, no, sarebbe letale aspettare che qualcuno dall’alto faccia qualcosa… ognuno dovrà muoversi per far sì che i propri disagi diminuiscano. Poi ci sarà chi per cambiamento intenderà andare a votare per uno che si vende come ‘nuovo’ o ‘diverso’, e chi invece per cambiamento intenderà rivoluzionare la propria esistenza, magari emigrando, o cambiando lavoro… Ma se aspettiamo che il cambiamento arrivi dall’esterno, stiamo freschi…
Io intaso la mia scrivania di roba assolutamente inutile e superflua perché se non lo faccio sembra che io sia leggero di carico e mi arriva altra roba.
Sembrerebbe intelligente ripulire la scrivania, ma in un mondo competitivo come il nostro, che è anche abbastanza stupido, se vuoi scaricare il lavoro sul collega e farlo schiattare, ed evitare il contrario, carica la scrivania di roba. E’ una mossa strategica di successo, chi sembra indaffarato viene visto bene, chi sembra troppo rilassato viene additato come poltrone. Carica la scrivania di roba inutile e poi riditela sotto i baffi. In alternativa svuota la scrivania e aspettati di fare la fine del mulo.
come dice sempre mio padre:
“L’asino che lavora è sempre carico”.
Un manager non carica la schiena di uno che soccomberà sotto il peso trascinando giù il suo bagaglio e la sua carriera, caricherà la schiena dell’asino che ce la fa. Meglio non dare l’impressione di farcela.
Questo in un ambiente medio e normale, quale credo sia il mio. Se hai la fortuna di vivere in un ambiente davvero meritocratico, deburocratizzato, con capi intelligenti ed intuitivi e niente nepotismo né simpatie particolari, allora porta pure il declutering e il rilassamento al massimo anche mentre lavori.
Solo un’aggiunta: mi spiace davvero che venga data tanta importanza al decluttering materiale, prima il decluttering dovrebbe riguardare i pensieri, le idee, le opinioni, il cervello insomma. Un cervello pulito ed efficiente gestisce milioni di oggetti tutti insieme. un cervello stanco non riesce neppure a darsi la forza di lavare la tazzina del caffé al mattino.
Occorre puntare su sé stessi, non sull’ambiente. Su sé stessi in forma prima che sull’ambiente ordinato. Sù sé stessi concentrati, prima che sulla casa pulita. E se qualcuno pensa che per avere una mente pulita ed efficiente occorra prima ripulirsi intorno credo stia sbagliando, occorre prima rilassare la mente, solo dopo la pulizia, l’ordine, il meno, saranno un riflesso di ciò che si ha dentro.
O almeno, per me, funziona così. Se hai la mente pulita un po’ di disordine non è niente. Se non ce l’hai lo sforzo di ordinare prosciuga tutte le tue energie e lavita rimane vuota.
Ciao
Sicuramente è tutto molto soggettivo. Nella mia esperienza, è vero che la scintilla è scattata internamente (quando mai non è così?), però è anche vero che ho sentito forte il bisogno di una ‘decluttering’ esteriore prima. Avevo necessità di un distacco fisico dalle cose, per mille motivi, e questo poi mi ha spinto a lavorare anche su me stesso e le mie convinzioni. E come dici tu, è questo il nodo principale da sciogliere. Non basta certo fare un po’ di ordine fra le cose… Il fatto dell’asino mi ha fatto molto ridere. Riflette una delle tante storture di questa nostra Italietta che con i suoi retaggi ci coinvolge e ci rovina. Per quanto riguarda la mia esperienza, non ho mai dovuto far finta di essere oberato di lavoro, lavorare mi piace(va) e in genere ho avuto la fortuna di avere a che fare con persone intelligenti, che magari ci provavano ma che di fronte a un dialogo serio e sincero non mi hanno mai creato problemi. E quando ho voluto prendermi qualche minuto di riposo sono (quasi) sempre riuscito ad averlo. Capisco però che non sempre sia così: purtroppo la principale occupazione di molte persone è quella di creare problemi agli altri, e ognuno si difende come può. Ciò non toglie che lavorare in un ambiente materialmente più ordinato, o comunque più armonico con quella che è l’attività che vi si svolge, possa migliorare il lavoro, ridurre i costi dello stesso (ho trovato anche un infografico su come evitare sprechi di carta in ufficio, lo posterò più avanti), renderlo più efficiente, o magari anche solo più gradevole. Certo che se poi chi deve lavorare deve anche combattere contro i propri problemi (o con quelli degli altri) l’ambiente conta fino a un certo punto… Ciao!
Guarda, ti dico una cosa che per me è stata chiara fin da subito:
“Al nord non è (era!) difficile lavorare, è difficile vivere”.
Chi arriva al lavoro la mattina è già carico dei propri problemi, della porpria sveglia all’alba, dei mezzi stracolmi, del traffico, dei figli da portare a scuola, dal medico, delle bollette, preoccupazioni, ansie, ritardi… ci sono intere fasce di popolazione lavorativa che sono concentrate 90% su sé stessi e i propri disagi e 10% sul lavoro. In pratica non lavorano, ripetono gli stessi gesti eseguiti negli ultimi anni e tutto procede. Ma non c’è valor aggiunto. Per “lavorare bene” occorre prima “vivere bene”. In alternativa annientarsi per il lavoro.
Certo, vivere bene è fondamentale. Purtroppo non è possibile per tutti. Se solo quel 90% si potesse ridurre in qualche modo…