Dalla parte di Devis
by albi69
Ho seguito con interesse la vicenda di Devis Bonanni, il ventisettenne di Raveo (Udine) divenuto celebre grazie a un minidocumentario di Mtv che trovate qui. Brevemente: a 23 anni Devis molla il suo lavoro di tecnico informatico, si trasferisce in un prefabbricato e con i soldi fin lì risparmiati comincia a coltivare il campo limitrofo, mette su una serra con un bell’orto. Vive con quello che gli da la terra, parte lo tiene per se e parte lo scambia con altri beni (o magari lo vende ad amici e parenti). Il prefabbricato, proprietà della famiglia, è poco più di una capanna: riscaldamento a legna, forno a legna, lo stretto indispensabile per vivere, più un pc e una connessione a Internet. Vende la macchina e compra una bicicletta. Le cose non gli vanno subito bene, e i momenti di sconforto sono tanti e grandi. Se siete interessati ad approfondire, qui c’è il suo blog. Però, piano piano Devis si organizza, supera le difficoltà che gli si presentano, diventa un personaggio: dalle sue parti, prima, e poi anche nel resto del Paese, grazie al blog, a un libro uscito di recente, all’intervista di Mtv e all’attenzione riservatagli dal sito del Corriere della Sera che, in un articolo del 13 marzo scorso, rilancia la sua storia. E qui viene il bello. Perché la cosa che più mi ha colpito non è stata la storia di Devis in quanto tale, bensì le reazioni che questa ha suscitato (dallo stesso articolo si accede ai commenti). O, meglio, non tanto le reazioni (alcune positive e altre negative), quanto le motivazioni portate avanti da chi ha attaccato Devis e le sue scelte. Tanto che il ragazzo si è sentito in dovere di rispondere a chi lo criticava. Qui è possibile leggere il suo sfogo. Le motivazioni, dicevo.
– Contabili: “Né affitto né mutuo, e allora già non vive con 200 euro mese ma è come fossero mille. Niente di che.”
– Ecumeniche: “Fate un piccolo conto di quello che produce e consuma il signore e moltiplicatelo per 7.000.000.000 (se ogni abitante facesse così) e verrebbero numeri spaventosi e insostenibili”
– Poliziesche: “La stufa a legna ha fatto i controlli annuali? L’impianto è a norma di legge? Il taglio degli alberi per la legna rispetta le normative forestali? La vendita di ortaggi è autorizzata? I redditi derivanti sono denunciati?
– Alimentari: “Poi basta cecità sui prodotti naturali, ricordo che l’uranio, il piombo, il mercurio sono tutti elementi naturali però… non li mangia nessuno!”
– Futuriste: “Adesso che di anni ne ha 28 è tutto un florilegio di ammirazione per il giovane che ha coraggio di andare controcorrente… quando avrà 60 anni chi gli coltiva la terra? E a 70?”
– Catastrofiste: “Tutto molto bello, ti chiedo: se la tua bicicletta si rompe? E se ti ammali? Chiedi aiuto all’orto?”
– Paleolitiche: “Frugale per me è vivere in mezzo alla natura senza artifizi, come vivere in una caverna, camminare per chilometri, e cibarsi di tutto ciò che si incontra nel percorso…”
– Previdenziali: “Chi ti paga l’accantonamento per la pensione? Le tasse? La malattia? Le assicurazioni?”
– Odontoiatriche: “E se devi andare dal dentista come fai? Con quel che costano”.
– Fiscali: “Probabilmente sarà aiutato dal Comune (sovvenzioni), dal papi o sarà un evasore”.
– Immobiliari: “Dove trovare un appezzamento di terra, una casa rurale lontana da tutto e tutti, una bella famiglia per darsi una mano nei campi e compagnia la sera a 200 euro?
– Millenariste: “Questo modello è medioevale, quando la gente moriva di fame, di malattie e di sporcizia e si ammassava ai piedi di un Convento per ricevere assistenza. Immaginate un’alluvione o un’estate secca che gli uccide le piante dell’orto e gli rende la terra arida per sei mesi: come campa il nostro caro Denis?”
– Estremiste: “E allora, caro Devis, vendi quella bella motozappa da 5.000 euro e comincia a zappare a mano!”
Tutte queste persone che hanno bollato un po’ frettolosamente Devis come un furbo, illuso e sfaticato figlio di papà, non hanno capito, secondo me, quel che più è importante nella scelta del ragazzo. Che è proprio la scelta in se stessa. Devis decide di andare a lavorare invece di intraprendere gli studi universitari perché ha in mente un’idea. Devis smette di lavorare perché ha messo da parte abbastanza soldi per mettere in pratica la sua idea. Devis fa la sua scelta: vivrà in modo diverso da come vivono i suoi parenti, i suoi amici, i suoi compaesani. Perché a lui, il loro (nostro) modo di vivere non piace. Quando Devis lo fa, ha solo 23 anni. 23! Un’età in cui la ‘gente normale’ si aggira ancora per le aule universitarie, vive con mamma e papà, non lavora o non ha idea di che lavoro vuole fare (e comunque, spesso, non ha alcun lavoro da fare). Ci sono anche ragazzi di 23 anni già laureati o già inseriti nel mondo del lavoro, ovviamente. Forse meno coraggiosi (o incoscienti) di lui, e che infatti hanno fatto una scelta più ‘in linea’ con le aspettative della società. Su Devis invece si scatenano dubbi e accuse e sospetti. Come se vendere verdura ‘in nero’ fosse peggio che andare a fare la commessa o il cameriere ‘in nero’. Come se andare a vivere in una specie di baita di proprietà della mamma fosse diverso che andare a vivere in un bilocale in città di proprietà del papà. Come se fare il contadino e però possedere un pc, fosse più grave che fare l’operatore di un call center e possedere un pc… Quello che scatena queste persone è, come sempre, la paura. Paura che tutti seguano l’esempio del pazzo. Paura che per questo il mondo cambi. Paura di perdere i propri riferimenti culturali. Paura che la scelta sconsiderata di un singolo arrivi un giorno a incidere anche sulla propria vita. Da qui nasce il rifiuto, e l’attacco. Ma chiaramente un ‘pazzo’ da solo non può fare tutto questo. Il cambiamento oggi può essere solo individuale, può maturare solo all’interno del singolo. Come scrive Simone Perotti (precursore ‘tardone’ di Devis e di tanti altri) in Avanti tutta, “per come sono andate le cose, non c’è più possibilità di correzione collettiva. Non voglio negare il ruolo del sindacato, delle manifestazioni di piazza, dei partiti politici. Finché c’è stato spazio hanno combattuto e anche vinto”. Spazio agli individui, dunque, a tutti i Devis di questo mondo. E se poi dovessimo scoprire che sono in tanti? Beh, “Se per le strade di una democrazia circolano migliaia di coraggiosi che intendono cambiare radicalmente la propria esistenza senza troppa paura delle consuetudini, può succedere di tutto“.
P.S.: a 23 anni ero lanciatissimo. Mi ero appena trasferito a Milano (da Roma), e iniziavo la mia attività di giornalista, diventando tutto quello che la società si aspettava da me (beh, diciamo quasi tutto). Mi sembrava una scelta molto coraggiosa allora. E lo era, forse. Il problema è stato che col passare degli anni quello spirito è via via scemato, e quando si è trattato di prendere nuove decisioni coraggiose, non me la sono sentita. Per dire che quella di Devis magari non sarà una scelta definitiva, o che comunque dovrà farne molte altre in futuro. Lasciamolo in pace!
2° P.S.: io non mi fido molto di una società così intensamente basata sui servizi come quella italiana. Mi piacerebbe molto saper produrre qualcosa, inteso come oggetti, o cibo. Avere una qualche attitudine artigianale, o contadina anche, da trasformare nel mio ‘piano B’. E invece mi scopro desolatamente incapace. Devo trovare una soluzione.
[…] caso vuole che, mentre scrivevo questo post, mi sia imbattuta in quello di Alberto, che dice cose molto simili alle mie. Aspetto di sentire altre opinioni, […]
[…] qui in Italia, limitatamente al piccolo contraddittorio che si è creato intorno alle esperienze di PecoraNera o di Simone Perotti, o al discorso più generale della Decrescita Felice. I due autori del blog, e […]
Che coraggio. Io di anni ne ho 21 e ci penso, ci penso a come potrei stare meglio. Credo che le critiche che vengono mosse a questo ragazzo partano anche da questo; quanti non hanno mai pensato che sarebbe stato bello lasciare tutto, almeno una volta nella vita? Sento persone dirlo quasi ogni giorno. Però è difficile vedere qualcuno che lo faccia sul serio. Perchè andarsene è sì bello, ma mica così facile.
In fondo a tutte le critiche che possono essere mosse a questo ragazzo e alle sue scelte, secondo me, c’è anche il tentativo maldestro di nascondere il fatto che non si è mai stati in grado di staccarsi da quello che si riteneva normale, civile o imprescindibile. Sono mille le ragioni per cui non si è in grado ed è fortissimo il richiamo che la società esercita su ciascuno affinchè non si allontani. Perchè la società, che dovrebbe essere l’insieme delle persone, ora è solo un progetto, una proiezione, un operare senza presente che tende sempre a qualcosa di futuro e a sopraffare continuamente il singolo. Eppure ci sembra che vivere così sia il prezzo da pagare, sia necessario per avere il un tetto sopra la testa, del cibo, le bollette pagate, l’assistenza e quant’altro, tutte cose per le quali riteniamo che valga la pena sacrificare quasi ogni altra cosa. Devis ha scelto di fare in un altro modo, in un modo che gli fosse più congeniale, che lo facesse stare bene. Forse è proprio questo il punto; per vivere nella nostra società è necessario che tutte le cose sembrino più importanti del nostro stesso benessere psicofisico. Perchè se ci rendessimo conto di quanto il nostro benessere sia importante davvero e di quanto la vita che facciamo ci faccia soffire…forse decideremmo di cambiare il nostro stile di vita e riaggiustare un pò le priorità.
Ciao Marta, io non so se prendere e mollare tutto sia la soluzione. Probabilmente non può esserlo per tutti. Però, soprattutto i più giovani, che vengono sempre più ostacolati dai meccanismi che regolano questa società (nel nostro paese, poi…) da una parte hanno davanti agli occhi quello che sta succedendo nel mondo del lavoro, dell’economia, della famiglia, dei rapporti interpersonali ecc., e dall’altro hanno davanti tutta una vita. Può essere una combinazione eccezionale, una miscela esplosiva. Certo per loro, per voi, come individui, non è facile. Vi hanno insegnato (vi abbiamo insegnato) che la retta via da seguire è una, e che allontanarsi è pericoloso. Vi abbiamo tolto il coraggio di cambiare, che invece è il sale della vita. Ecco, a un giovane di vent’anni io oggi suggerirei di fare scelte coraggiose, di tentare altre strade, di viaggiare, di spostarsi per conoscere altre realtà, di cercare di costruirsi qualcosa con le proprie mani. Sarà difficile, certo, ma è difficile anche per chi esce da un’università a venticinque anni con un pezzo di carta e tante illusioni. Quanti laureati ci sono in fila per un lavoro interinale frustrante e triste? Quanti per un tirocinio lungo e ricco di incognite? Vale la pena? L’ho già scritto in un altro post: a mio figlio, che oggi ha nove anni, io cerco di inculcargli la passione per lo studio, per la conoscenza. Ma poi, se non vorrà continuare a studiare non ne farò una tragedia. Piuttosto lo spingerò a cercare nuove strade, anche lontano dalla famiglia. Solo in questo modo, temo, per lui ci potrà essere un futuro consapevole. E solo in questo modo, temo, potremo sperare in un paese (un mondo) diverso.
Sai, Adolfo (ho appena deciso che adf è l’inizio del tuo CF, se non fosse per la A, ma diciamo che ti chiamerò Adolfo, per ora) te lo dico sinceramente: io faccio ancora lo sguardo da mucca che guarda il treno quando le persone usano quella parola, drastico. Oppure “estremo”.
Ma estremo deche, mi dico io.
In fondo che ho fatto? Ho lasciato un lavoro che mi faceva vomitare tutte le mattine e sono venuta a vivere in un posto che mi piaceva, dove posso fare le cose che amo e mi posso dedicare a coltivare rapporti umani con gente che non passa la vita a dire che “non ha tempo”. E’ una cosa grandiosa per me, ma la grandiosità è relativa alla mia vita precedente, non è assoluta.
Il boss, quando andai ad avvisarlo che intendevo congedarmi “Ha vinto al superenalotto!” NO. “allora ha già un lavoro!” NO. “Si sposa!” NO.
NO NO e NO.Ho solo fatto un pò di risparmi, piantato una bandierina sulla mappa e via.
Con un minimo di pianificazione e di capacità di adattamento credo che chiunque possa farlo. E quando dico chiunque non sottovaluto le tematiche che mi poni. Due settimane fa ero in Val Pesarina a chiacchierare con un ragazzo che di figli ne ha tre, e proprio per loro ha scelto di dare vita al suo sogno, “per dare loro un buon esempio”. trovi la sua storia qui.
Forse sai fare molte più cose di quelle che credi, dovresti forse lasciare spazio alla tua creatività, noi esseri umani abbiamo mille abilità se ci concediamo la libertà di toglierci la divisa col numerino di catalogo. E’ importante il percorso che stai facendo, ma non devi avere dubbi sulla capacità dell’uomo di sopravvivere, è il nostro istinto primario e se gli lasciamo spazio lui non ci abbandona mai.
Io non ho avuto il privilegio di avere dei figli, ma di certo non crescerei un figlio a Milano, e forse in fondo in fondo neanche tu 🙂 Scusami per non avere il dono della sintesi.
Alberto, la A sta per Alberto. Alberto Delli Ficorelli. Ed è inutile che fai lo sguardo da mucca, perchè una scelta così il 99% delle persone non solo non la fa, ma neanche la considera una remota possibilità. Poi è chiaro che se ti confronti con persone che hanno fatto la stessa scelta, beh, per voi è una cosa normale… La casa dei tuoi amici è strepitosa! E non gli è costata nulla in confronto ai prezzi delle case qui a Roma. Neanche io crescerei mai un figlio a Milano (ci ho vissuto sei anni, la conosco bene). Il fatto è che comincio a pensare che neanche Roma sia un buon posto dove crescere un figlio, nonostante il tempo migliore, il verde, la possibilità con il mare a due passi, di poter andare in spiaggia da aprile a ottobre… Ci lavorerò su…
…”per voi…” Noi siamo Voi, e Voi siete Noi. Siamo Umanità, con i nostri timori, le nostre insicurezze, debolezze, incertezze, imperfezioni…ginocchia che cedono, schiene che dolgono, menti che si arrovellano. Davanti alla Vita siamo tutti uguali, io non mi sento lontana da te quanto non mi senta vicina a Devis. Siamo un Tutto che cerca la sua forma ideale. Un caro saluto,
Isa
Riflettevo proprio ieri con lui su questi accanimenti a parer mio piuttosto incompresibili. Non credo che Devis proponga uno stile di vita “chiavi in mano” per tutta l’umanità, il suo percorso (come quello di molte altre persone che hanno, ciascuno a suo modo, preso le distanze dalla “società omologata”) è solo una goccia nel mare del coro sottile che incalza, e che a chi passa il tempo a trastullarsi nel parlare di una crisi che esiste soprattutto perchè se ne parla risponde che se misurassimo meglio ciò di cui abbiamo veramente bisogno, ci renderemmo conto che a mancare non sono tanto i mezzi di sussitenza, ma la volontà di accettare che ci siamo fatti condizionare troppo dalla chimera di un “ben essere” figlio del “cattivo avere”.
Attaccare la scelta di Devis è una arrendevole ammissione di fallimento, non solo perchè l’Uomo che non sa accettare gli altri non accetta sè stesso, ma soprattutto perchè lui, nel suo piccolo, FA, suda, fatica, mentre i più stanno comodamente seduti sui loro sofà di pelle umana a parlare di ciò che gli altri altri dovrebbero fare.
Quando scegli di uscire dal gregge lo fai sospinto da un moto interiore che è più forte di qualsiasi timore, prima che succeda tutti ti sostengono, ammirati. Una volta che il passo è fatto, però, accade che il gregge inizia a guardarti sospettoso, ti disconosce ti teme e ti combatte come un nemico. Perchè esprimi l’anima atavica, libera ed esploratrice che ci hanno insegnato a segregare e rinnegare.
Ciao Isa! Persone come Devis (o a modo suo come Perotti e tanti altri) ci sono sempre state, qui e altrove. Oggi se ne parla, sui giornali, in televisione, su Internet, perché stiamo vivendo una situazione molto difficile, una crisi che è italiana ma anche e soprattutto internazionale. Cerchiamo delle nuove sicurezze perchè quelle vecchie scricchiolano. Ed è normale che ci siano delle resistenze da parte di chi sullo stile di vita ‘lavoro-guadagno-consumo’ ha costruito la propria esistenza. Sentire criticare (seppur implicitamente) il proprio modo di vivere, arrivare forse a sospettare che in effetti quel Devis lì, tutti i torti non li ha, rendersi conto che cambiare ora potrebbe essere tardi, o impossibile, o tremendamente faticoso, è effettivamente difficile da accettare per chi è sempre vissuto nel modo in cui questa società gli ha insegnato a vivere, e che ha sempre pensato di fare la cosa giusta. Dipendesse da loro, non cambierebbero mai. La speranza è nelle parole di Einstein: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato”. Io resto dalla parte di Devis.
Buongiorno a te, e grazie per la riflessione. Credo tu sappia che volare leggeri con i macigni dei condizionamenti culturali appesi alle zampette è impresa ardua e….pesante, alle volte.
Tuttavia mi interrogo spesso, da quando ho iniziato il mio percorso, sul perchè così tante persone si diano il tormento a creare scuse traballanti pur di dire a sè stesse che non ce la possono fare.
Ho un’amica, qui in montagna, a cui hanno offerto di passare da un part-time di 6 mattine a 6 mattine + 5 pomeriggi. Ha due figli e il marito in cassaintegrazione. Lei ha detto no, al massimo un pomeriggio, e il boss è caduto dalla sedia…
– “ma come, con la tua situazione, rifiuti un’occasione simile?!”
– “se per guadagnare qualche soldo in più devo rinunciare a fare i compiti con i miei figli o non sapere dove siano, allora preferisco fare qualche sacrificio”.
Buona giornata! Isa
Ciao Isa, ho visto solamente ieri sera il tuo blog. Caspita, anche tu hai fatto una scelta bella drastica, eh? Oggi cercherò di approfondire per capire bene i motivi che ti hanno portato a un cambiamento di questo tipo (ieri sera era troppo tardi e non ce l’ho fatta ad andare avanti nella lettura). La ragione per cui la maggior parte di noi (mi ci metto anche io) si costruisce dei castelli traballanti pur di giustificare la resa a questo stile di vita e la rinuncia a costruirsi qualcosa di meno comodo ma forse più soddisfacente è sempre la stessa: la paura del cambiamento. Quella che ti fa preferire restare al sicuro sulla malandata strada vecchia, piuttosto che tentare una strada nuova che potrebbe essere migliore. Vuoi conoscere le mie di scuse? 1) mia moglie non accetterebbe mai un cambiamento così drastico 2) mia madre è anziana, non sta bene, non mi va di allontanarmi troppo 3) non essendo capace di coltivare o di costruire nulla, non saprei come vivere 4) mio figlio ha solo 9 anni, non voglio allontanarlo dalla ‘civiltà’ 5) fuori dalla grande città le mie capacità professionali non sono spendibili… e potrei continuare… ne ho a bizzeffe. Ma una cosa sono le scuse. Altro sono i reali motivi. Buona giornata anche a te!
Certe domande me le faccio anche io (che il dentista non riesco a pagarlo comunque), ma non vedo perchè trasformarle immediatamente in critiche e aggressioni.
Ciao Sid, magari perché per molte persone sentir mettere in discussione uno stile di vita per il quale hanno investito tutto il loro tempo, e tutte le loro energie, da sempre, significa ammettere che esista la possibilità che hanno sbagliato tutto… le certezze vengono meno, si comincia ad aver paura, e la paura scatena l’aggressività.