Necessità, priorità e distrazioni
by albi69
Non ti distrarre! Mi capita di ripeterlo spesso a mio figlio. Quando fa i compiti, o è impegnato in un’attività sportiva, quando magari stiamo attraversando la strada… Non ha neanche 10 anni, è normale che, colpito da un milione di stimoli per certi versi ancora nuovi, parta per la tangente nel momento sbagliato. Ora però guardo me stesso e cerco di analizzare meglio le mie… distrazioni.
Che sono tante, perché tanti, comunque, sono gli stimoli esterni che ricevo durante la mia giornata tipo. E forse è il caso di chiarire meglio cosa si intende per distrazione. È ovvio che se mi arriva una telefonata mentre sto scrivendo un post per il mio blog, questa costituisce una distrazione (per quanto importante o piacevole possa essere): mi costringe a porre attenzione su qualcosa di diverso da quello che stavo facendo fino a quel momento, con conseguenze da valutare in base alla mia capacità di tornare poi a concentrarmi sulla scrittura. Allo stesso modo, però, potrei considerare ‘distrazione’ proprio il fatto che sto scrivendo quel post per il mio blog, quando magari in quel momento dovrei invece portare avanti del lavoro rimasto indietro. O addirittura considerare una distrazione il portare avanti quel lavoro rimasto indietro, quando forse la cosa migliore sarebbe passare quella mezz’ora a organizzare un altro lavoro o a giocare con mio figlio. A definire qual è la vera distrazione fra tutte queste alternative proposte, dovrebbe essere una scala valoriale delle priorità che, per forza di cose, sarebbe del tutto personale, e definita a sua volta da una personale scala di bisogni, di necessità. Ho bisogno di soldi? La mia priorità sarà il lavoro, dunque meglio non distrarsi con il blog e meglio rispondere alla telefonata che potrebbe portare a nuove occasioni di lavoro. Ho bisogno di passare del tempo di qualità con mio figlio? La priorità va al gioco con lui, il lavoro può aspettare, e così il blog. Dunque prima di imparare a gestire le distrazioni, bisognerà capire quali sono le vere distrazioni, quindi definire la propria scala delle priorità (che chiaramente non sarà immutabile, così come non lo sono le nostre necessità). Esiste una valutazione delle priorità che non facciamo noi, ma che viene definita socialmente e che, magari non per intero, generalmente accettiamo. È quella che mette ai primi posti la famiglia, il lavoro, gli amici, la gratificazione personale e varie ed eventuali. Sono priorità cui si sfugge solo in casi particolari: se non ho moglie e figli, né voglio averne, posso eliminare dalla mia personale scala il discorso famiglia, se sono milionario, posso eliminare (o quantomeno ‘declassare’) la priorità lavoro. Mixare le priorità ‘socialmente definite’ con quelle particolari di ognuno di noi, dovrebbe facilmente permetterci di definire la nostra personale scala di priorità. Adesso arriva la parte più difficile. Perché, almeno teoricamente, per vivere una vita soddisfacente, dovremmo viverla esclusivamente ispirandoci alla nostra scala di priorità. Solo in quel modo, infatti, saremo letteralmente in linea con l’obiettivo che ci siamo posti all’inizio, quello di dedicare il nostro tempo esclusivamente a soddisfare le nostre necessità primarie, senza distrazioni. È facile intuire che meno necessità avremo da soddisfare, meno priorità saranno presenti nella nostra personale scala, e più tempo avremo da dedicare ad ognuna di esse. Dunque è importante lavorare sulla definizione delle proprie necessità. Se non siamo contenti della nostra vita, del nostro modo di vivere, probabilmente abbiamo troppe necessità (o presunte tali) e quindi troppe false priorità. Il primo passo da fare è quello di capire cosa stiamo considerando come ‘necessità’. Per farlo è importante analizzare nella maniera più approfondita possibile le nostre giornate, e stilare una lista completa, quasi enciclopedica, delle nostre attività. Preparata la lista, accoppiamo ad ogni nostra attività il tipo di bisogno che questa va (o tende a) soddisfare. Avremo così una nuova lista con i bisogni, le necessità alla cui soddisfazione stiamo effettivamente dedicando il nostro tempo. Ed ora cominciamo a cancellare quelli che non sono bisogni reali, cominciamo a togliere, a sottrarre. Faciamo un po’ di… declutering! Quello che non è un bisogno reale, è una distrazione. Più distrazioni elimineremo, più tempo avremo da dedicare alle nostre priorità. Avere cinque priorità e riuscire a soddisfarle tutte e cinque permette di vivere una vita felice (e magari a rilanciare, aggiungendo una nuova priorità alla nostra lista). Averne dieci e riuscire a soddisfarne ‘solo’ nove ci lascerà sempre con l’amaro in bocca.
Ci ho riflettuto molto l’anno scorso, quando dovevo decidere se provare o meno a studiare la seconda arte marziale: questo mi avrebbe impedito di continuare con un altro impegno e mi avrebbe impegnato praticamente tutto il tempo libero della settimana…e mi faceva paura.
Mi chiedevo “come farò? poi non potrò fare nient’altro!”. Poi mi sono messa ad analizzare le mie priorità, come hai fatto tu ed è venuto fuori che per il momento la pratica del kung fu è l’attività che mi dà di più in termini di salute psico-fisica, è quello che mi dà più soddisfazione e gioia, più dell’altro impegno che avevo e più di fantomatiche “cose” che potrei voler fare (per gli amici il tempo si trova sempre).
A volte ci facciamo problemi per niente, non iniziamo le cose per vaghe “paure”, quando invece basta solo provare: magari non ci piace neanche, magari smettiamo dopo due giorni, magari la vita ci porterà da un’altra parte.
Ciao,
ho una cattiva notizia, almeno per me: il “decluttering”, togliere l’inutile non funziona in quanto anche lasciando il solo “utile”, le necessità della vita moderna, il tempo non mi basta neanche per quello. Quello che mi rimane da fare è quindi cercare altre strade.
Per le priorità: ho una vita religiosa, mi sono accorto che, alla fine, è solo quella importante, il resto è puro contorno, è gratis. Devo però concentrarmi solo su quella e lasciare che il resto sopraggiunga. Senza distrazioni.
Ciao.
Ciao Exodus, nel post cercavo di ragionare sul fatto che forse è possibile fare ‘un po’ d’ordine’ nelle nostre attività quotidiane, così come siamo abituato a farlo in casa. Viviamo in maniera frenetica, questo è vero. Io però mi sono accorto di dedicare attenzioni e tempo anche a cose che erroneamente reputo importanti. In realtà non lo sono, posso farne tranquillamente a meno, e guadagnare tempo da dedicare alle mie priorità. Per esempio, perdo troppo tempo sui social network durante il giorno. Voglio razionalizzare il mio modo di usarli, in modo da risparmiare tempo. Allo stesso modo, qualche sera mi capita di guardare la tv fino a tardi. Invece potrei andare a letto prima, svegliarmi un’ora prima del solito e dedicarla a fare dell’attività fisica. E così via. Certo, se una persona ha mille priorità ‘reali’, è difficile avere tempo per tutto e non trascurare nulla, così come è difficile decidere scientemente di trascurare qualcosa a favore di altro. Però tu mi dici che una priorità… più priorità delle altre, ce l’hai. È chiaro che se vuoi avere più tempo per la tua priorità massima, devi toglierne a qualcuna che è un po’ meno… prioritaria. Ciao!
Guarda, la parola magica è RINUNCIA. Se la sai pronunciare senza imbarazzi, se sai dire RINUNCIO, NON LO VOGLIO, NO GRAZIE, non occorre scrivere altro, è tutto lì. Il problema, il nodo è solo quello, nessuno in realtà vuole rinunciare. Perché si rinuncia al soddisfacimento di un bisogno. Un bisogno subitaneo, immediato, vuoto, futile, irrazionale, ma è un bisogno, avere un gadget nuovo per esempio, oppure un bisogno concreto e importante. Se dico RINUNCIO, ho risolto.
Il punto è quel RINUNCIO che nessuno vuole pronunciare per timore che la propria vita termini in un vuoto.