Becoming Minimalist: newsletter n. 3
by albi69
Ed ecco la traduzione della terza newsletter di Becoming Minimalist. La maggior parte dei link presenti portano a risorse che parlano di decluttering, uno dei miei argomenti preferiti. Per la cronaca, fra la seconda e la terza newsletter c’è stata anche un’edizione speciale di cui vi risparmio la traduzione, trattandosi essenzialmente di un supporto al lancio del nuovo libro di Joshua Becker, Living With Less: An Unexpected Key to Happiness (Vivere con meno: un’inaspettata chiave per la felicità). Chi fosse interessato può comunque approfondire qui ed eventualmente acquistarlo in versione elettronica qui. Di seguito i contenuti della newsletter, a partire dall’editoriale.
Accendere Fuochi e cambiare il mondo.
Ho vissuto nel meraviglioso stato del Vermont. Era un bel posto per vivere in primavera, estate ed autunno. Anche in inverno era bello, ma era incredibilmente freddo. Quindi, per risparmiare energia, avevamo la stufa a legna del soggiorno continuamente accesa. Un fuoco ben fatto poteva riscaldare tutta la casa con un calore accogliente e sicuramente più economico di quello fornito dal locale dipertimento dell’energia. L’utilizzo di una stufa a legna per me era una novità, e devo ammettere che ho avuto dei problemi ad accendere il fuoco durante il primo inverno. È stato così finché non ho imparato alcuni passi fondamentali:
• Il fuoco richiede numerosi tronchi di varie dimensioni.
• Il fuoco richiede spazio tra ciascun tronco per far passare l’aria.
• Il fuoco richiede una fonte di calore per accendersi.
Cari amici, con questa storia sullo sfondo, sono emozionato nel dire che abbiamo tutto quello che ci serve (qui) per creare un grande, intenso fuoco in grado di cambiare il mondo. Insieme, siamo più di 2.500 ‘appassionati’ pezzi di legno. Abbiamo un obiettivo comune, ma siamo diversi per background. Rappresentiamo continenti diversi, religioni diverse, culture diverse, patrimoni diversi, diversi orientamenti politici e diverse visioni del mondo. Le nostre differenze offrono lo spazio e l’aria per alimentare il fuoco. E il mio desiderio è che questa newsletter sia la fonte di calore che ci unisce intorno a un fuoco comune! Insieme, come squadra, siamo in grado di realizzare di più di quanto fosse possibile realizzare come individui. Uniamoci intorno a questo messaggio. E andiamo avanti nel nostro desiderio comune di cambiare questo mondo! Prendetevi qualche momento da dedicare agli articoli, ai racconti, e ai clip video riportati in questa newsletter. E condivideteli con un mondo che ha bisogno di conoscerli.
Ed ecco i link ai post segnalati su questo numero:
• 7 modi per coltivare la semplicità in un mondo sempre più indaffarato qui
• La domanda più pericolosa del mondo: Tu cosa fai? qui
• Come essere infelici (un’interessante rovesciamento del classico paradigma ‘come essere felici’) qui
Infine, alcune news dagli Stati Uniti e un video:
• Oggetti utili e oggetti insignificanti: attenzione alle cose di cui vi circondate (dal New York Times) qui
• Probabilmente possiedi troppe cose (ragionamenti sui beni che possediamo e di cui forse non abbiamo bisogno, ancora dal NY Times) qui
• L’intervista di CBS This Morning a Ryan Nicodemus e Joshua Milburn, ovvero The Minimalists qui
“Per lavoro”? Beh, sì, come dice lo zio Paperone “un dollaro risparmiato è un dollaro guadagnato”, se non è per lavoro è sicuramente per soldi che lo faccio!
Per i legami sociali, irrinunciabili, ci sarebbe tanto da dire ma non credo sia utile “parlare”. Credo sia invece importante individuare il tipo di realtà in cui viviamo, i trend “sociali” che hanno una curva rigida, nel senso che certi movimenti hanno tempi lunghi ma sono inarrestabili, e poi calibrare il proprio comportamento in relazione ala realtà che si vive.
In altre parole, non si può sperare di vivere in una società unita come quella che esisteva anni fa, quando il “bisogno” era il collante indistruttibile, non c’erano divorzi per lo stesso motivo, etc… Anche se non si è d’accordo occorre prendere atto della realtà e non sognare un mondo diverso, semmai preparare il “proprio” mondo. Anche perché, per come è fatto l’uomo, se una generazione cresce abituata in un modo, con certi valori, con certe dinamiche, non è che cambia perché sono cambiate le condizioni di vita, muore aggrappata alle proprie credenze, semmai è la prossima generazione che cresciuta in un mondo diverso, forse migliore, forse peggiore, potrà realizzare un cambiamento nelle proprie relazioni sociali. “Non si insegnano nuovi trucchi a vecchi cani”. Le presenti generazioni sono “vecchie”, il tipo di relazioni sociali oggi esistenti si manterranno per abitudine, anche se in stato di bisogno, anche se occorresse cambiare le dinamiche, il vecchio cane non riuscirebbe cmq, per questo è così semplice prevedere i trend generazionali, sono locomotive, pure lente, ma inarrestabili. Occorre prenderne atto e agire di conseguenza, per non farsi passare sopra dalla locomotiva o da un mondo troppo diverso da quello che abbiamo in testa. D’altronde i grandi personaggi della storia non sono quelli che cambiano le cose, in realtà loro cavalcano il cambiamento che è già in atto, il cambiamento inevitabile che è come una pentola a pressione che è sul punto di esplodere, loro tolgono la sicura. In piccolo, è meglio fare lo stesso, cavalcare il cambiamento senza rinunciare a sé stessi, anche se questo mondo potrebbe non piacere.
Beh, però questo non esclude che qualche ‘cane vecchio’ possa comunque, individualmente imparare nuovi trucchi. Sono d’accordo con te che l’azione di ‘pochi’ individui non conti a livello di trend generazionali, e che la loro azione non sia visibile attraverso analisi storiche o statistiche. Proprio a proposito di relazioni sociali, però, oggi si sente parlare molto spesso di ‘nuove comuni’ dove alla coabitazione si aggiungono forme di collaborazione lavorativa ed economica. È solo un esempio. A me l’idea di andare a vivere nella stessa casa con un’altra famiglia, e intrecciare con questa rapporti molto stretti di collaborazione domestico-economica, non piace e probabilmente non la prenderò mai in considerazione. Però c’è chi lo fa e ultimamente capita di leggere spesso di realtà di questo tipo. E non si tratta più solo di comunità rurali in stile anni 60. Realtà simili esistono anche nella periferia di Milano (se non sbaglio Report ha fatto un servizio sull’argomento nell’ultima stagione). Per i bambini che crescono in questo tipo di realtà si tratterà probabilmente di una cosa normale (come dici tu, le nuove generazioni cresceranno probabilmente con una idea diversa delle relazioni sociali). Ciò non toglie che sono i loro genitori a creare questo nuovo tipo di realtà, dunque una parte (seppur limitata) della ‘vecchia generazione’.
Ho sperimentato di persona questo tipo di “comune”, anche se io non ero andato a vivere fisicamente con altri, ma il mio gruppo è andato a vivere insieme. E’ stato un disastro. L’odio ha raggiunto livelli impensabili nella coabitazione, odio sordo, rancoroso, non espresso, non esploso. Tra adulti. I bambini invece riuscivano a convivere, litigavano tanto quanto si litiga tra fratelli in una stessa casa, non di più. Ma gli adulti… Le donne…!!!!!
Il tipo di esperienza di cui parli è sicuramente presente, diffuso e si esprime in maniera stupenda nelle associazioni parrocchiali, e nelle organizzazioni di vario tipo, soprattutto religioso, ma dato che è un qualcosa appunto di molto diffuso, di molto “libero”, è come l’ossigeno: indispensabile, vitale, bellissimo, presente, e nessuno se ne accorge. E’ bellissimo, per me, anche perché ad un certo punto hai la possibilità di andartene senza che succedano drammi e senza che l’equilibruio della tua vita ne venga compromesso. E’ un lungo discorso, ma io credo che le cose che desideriamo siano solo sogni o capricci, perché quelle cose sono già presenti nella nostra vita, o presentabili alla nostra vita, ma non sono mai come le vogliamo noi, “su misura”.
Il fatto è che se vuoi una rosa devi prendere anche le spine, e noi vogliamo la rosa senza spine, non credo ce ne siano molte, il resto è illusione prima e delusione dopo.
Parlando delle esperienze in comuni e sulla possibilità di realizzarle:
“Ciò che è misterioso prima o poi viene capito. Ciò che è ovvio no”.
Edward R. Murrow
E aggiungo, per quanto riguarda i cani vecchi e giovani.
“Non cambiano le opinioni, ma muore l’ultimo sostenitore della vecchia opinione”
Max Planck
E aggiungo ancora:
“Non aderisco ad alcun partito, alcuna associazione, nulla che sia organizzato”
Jiddu Krishnamurti.
In realtà il pensiero di Krishnamurti è molto più ricco e complesso, ha fondato scuole in cui alunni e insegnanti vivono insieme, ma in sintesi, è la stessa struttura che distrugge la spontaneità, e se vai a vivere con altri per forza di cose devi seguire una regola collettiva altrimenti la struttura, semplicemente, si disintegra. Dipende anche dalle persone, i monaci e le monache vivono in comunione e in maniera organizzata, ma non fuggono.
Solo per dirti che c’è già tutto, non serve cercare oltre, è che cerchiamo la rosa senza spine in un mondo già pieno di rosa, talmente pieno da scoppiare.
Ciao
E’ uscita da poco una legge secondo cui non è possibile convertire un centralizzato in autonomo in condomini con meno di sei appartamenti. Quello di cui scrivi (conversione in centrale a consumo) è possibile ed è anche conveniente rispetto alla tua situazione attuale, nell’arco di un anno è facile che i costi iniziali vengano interamente ammortizzati dal minor consumo, è successo nel condominio in cui vivo, tredici appartamenti.
Però.. però… il risparmio avviene perché si passa dallo spendere moltissimo allo spendere molto, Non si passa con il tipo di impianto di cui parli dallo spendere molto allo spendere poco. A meno di non rinnovare tutti gli impianti, ma in questo caso forse davvero il gioco non vale la candela.
Inoltre, una quota di fisso rimane. Per legge credo non possa essere inferiore al 20%, ma le compagnie che si occupano della conversione propongono una partizione iniziale del 40% fisso, 60% variabile. Quest’anno ho proposto di passare al 25% fisso e la mia proposta è stata accettata.
Però, se non fossi vincolato dalla legge, si potrebbe proporre la chiusura dell’impianto fisso e l’uso delle caldaie individuali, così lo spegnerei di giorno, o lo terrei al minimo, e di notte lo accenderei invece, secondo il mio bisogno. Invece, per le regole condominiali, che non sono leggi ma regolamenti comuni, lo spengono di notte quando ne ho più bisogno, ed è acceso di giorno quando sono fuori.
Quindi, sono le leggi e i regolamenti che mi impediscono un vero risparmio, non tanto i vincoli tecnologici. Ripeto, per anni mi sono riscaldato con circa 300 € l’anno + 100,00 € di revisione caldaia. Vero è che con l’impianto autonomo chi sta sempre a casa e tiene il termostato alto forse ci perde rispetto al centralizzato, ma guadagna solo in quanto riesce a “scaricare” il suo maggior costo sugli altri appartamenti. Oppure, trovandosi all’ultimo piano, l’impianto posto a piano terra fa più difficoltà a pompare calore rispetto ad una caldaia posta anch’essa all’ultimo piano. Col risultato che al primo piano sembra di stare ai tropici e all’ultimo chiedono maggior calore.
Tutto questo solo per dire che, spesso, ripeto, sono i vincoli legali e sociali a causare una perdita… in un certo senso è il contrario di quello che scrive l’autore dell’articolo, in cui propone un certo tipo di vincolo sociale o collettivo per ingenerare un guadagno. Dato che mi piace applicare il pensiero buddista zen, so che entrambe le realtà sono presenti contemporaneamente nella vita di tutti i giorni: i vinvoli e legami sociali sono al contempo un guadagno e una perdita.
Wow, sei un grande esperto… lo fai per lavoro? Sui legami sociali e i loro pro e contro, senza arrivare a scomodare il pensiero zen, è una convinzione che ho acquisito con l’esperienza. E la mia esperienza mi dice che pur risultando i contro molto fastidiosi, a volte insopportabili, i loro pro sono troppo importanti. D’altra parte siamo animali sociali e non possiamo proprio farne a meno. Tornando all’autore della newsletter, e del blog, il suo appello era volto più che altro al fare squadra per comunicare con la maggior efficacia possibile (e la maggior potenza di fuoco possibile) le sue convinzioni sulla necessità di uno stile di vita minimalista, e quando si tratta di comunicazione è normale che la condivisione (il legame sociale) sia più efficace rispetto al lavoro di una sola persona, per quanto popolare (almeno sul web).
Ciao,
ti parlo un attimo del riscaldamento a legna:
mio padre e mio zio in Sicilia avevano la stufa a legno, mio padre ha dovuto toglierla per il disagio dei fumi di scarico, mio zio vive sul mare e ha potuto tenerla. Legno a costo zero laggiù, mio zio ricicla il materiale dei casotti abbandonati.
In sicilia il risparmio dell’avere una stufa a legno sarà di circa 300 l’anno rispetto ad un riscaldamento con le bombole di gas. Naturalmente la stufa a legno richiede manutenzione e offre meno flessibilità di un impianto a gas di città. E di notte servono le coperte.
Una stufa a legna o pellet che riscaldi una casa al nord Italia può tranquillamente garantire un risparmio di un migliaio di euro l’anno, che non è poco, anzi. Certo, non è che arrivi a casa e la torvi calda, arrivi e la trovi fredda, ci vuole circa mezz’ora per raggiungere una temperatura confortevole. Se hai figli piccoli rischi di portarli spessissimo dal medico se vanno in giro scoperti.
Questo per dire che, nella mia esperienza, la stufa a legna, con cui sono cresciuto, è una notevole fonte di risparmio, nonché un approccio educativo valido, ma è davvero difficile inserirla in un contesto “minimalista” in cui si voglia una vita più semplice, per vari motivi:
perché ti sottrae del tempo, occorre procurarsi il legno, svuotare la cenere, pulire la cenere, costruire la canna fumaria, garantire la manutenzione della canna fumaria; Se lo fai da solo impieghi del tempo, se non lo fai da solo sono costi;
perché cmq è un costo: o riesci a procurarti la legna gratis, oppure devi contabilizzare la spesa e sottrarla a quanto risparmieresti con un sistema tradizionale;
perché se ami una casa sempre pulita forse non è la soluzione migliore. Forse è meglio una stufa a pellet, ma il pellet non è gratis e il costo iniziale della stufa potrebbe essere elevato. Però offre molti vantaggi in termini di comodità. Lo svantaggio è che se il pellet si diuffondesse, per la legge della domanda e dell’offerta (come è avvenuto in passato per il GPL e il metano, sorgerebbero una serie di balzelli che decurterebbero il risparmio;
considerare inoltre che se hai bambini o animali in casa la stufa a legna è pericolosa, non ci vuole niente a posare una manina o una zampetta sulla piasta o sul vetro rovente, ustionandosi. I miei genitori stavano continuamente attenti, non credo che ciò abbia giovato al loro vivere rilassato, e se di notte il bimbo o l’animale domestico si fossero alzati per andare a vedere cosa “bolle in pentola?”
ricordo di aver buttato un bel po’ di cose nel fuoco, per gioco, magari c’era anche qualcosa di importante, ma ero bambino, anche questo è un rischio da tenere in considerazione. Come il bracciale o l’orologio che scivolano verso il fuoco mentre aggiungi un tronco, puoi dire addio;
da considerare che se hai una canna fumaria interna, dopo un po’ di anni per la manutenzione strordinaria devi chiamare i muratori e non lo spazzacamini.
Ecco, solo per dire che la stufa a gas è un risparmio, ma non semplifica la vita. La semplifica invece arrivare a casa e far andare una caldaia autonoma quando vuoi, magari al minimo, anche di notte. Alzarsi al freddo con la vescica gonfia per aggiungere un tronco è una delle seccature a cui ci si abitua, ma ad una certa età, e mio padre l’ha raggiunta, diventa pesante.
Ciao!!!
Beh, immagino che il racconto della newsletter fosse solo un modo per l’autore per arrivare ad esprimere il concetto che gli è a cuore, e cioè quello del ‘tutti uniti per semplificare le nostre vite’. Per quanto riguarda il discorso riscaldamento, non sono un esperto, ma immagino che come al solito si tratta di una questione di scelte: spendere meno e affrontare qualche scomodità in più, o investire di più per stare più comodi… Io vivo in un palazzo di sei piani, all’interno di un condominio di quattro palazzi. Abbiamo ancora il riscaldamento centralizzato… Dio solo sa quanto sprechiamo e quanto inquiniamo…
La questione del riscaldamento risente anche del tipo di leggi che vengono imposte, non solo (o tanto) un fatto economico o funzionale, ma soprattutto una scelta legislativa per spennare meglio i cittadini. Se il centralizzato venisse convertito in individuale (oggi non si può più) forse a livello condominiale si registrerebbe una perdita globale, ma gli appartamenti che vogliono risparmiare potrebbero farlo eccome, io l’ho sperimentato. Mettendo un vincolo, da un lato si risparmia (forse) a livello globale, ma a livello individuale sei penalizzato dal fatto di non poter effettuare scelte autonome.
In un condominio io riscaldavo l’appartamento di 70 mq con meno di 300 € l’anno, a Milano, con la caldaia autonoma, forse addirittura meno di 250,00. Certo, d’inverno mettevo sui 16-17 gradi massimo, ma d’inverno io voglio avere un po’ di freddo!
Però se ci sono leggi che si impongono, legna o gas hai poco da fare, vincolato sei qui e vincolato sei la’.
In realtà, un centralizzato può comunque essere trasformato in un impianto che permette di conteggiare i consumi del singolo appartamento. Il problema è l’investimento iniziale, che non è proprio una passeggiata di questi tempi… Io posso anche provarci a proporlo in riunione di condominio… Se poi vedi che non scrivo più, sai cosa mi è successo…