Il campo gravitazionale
by albi69
C’è qualcosa che non va. Io sto cercando di cambiare strada, ed ho già le mie difficoltà, quelle che di solito si incontrano quando si è sempre fatto X e si decide di cominciare a fare Y. Ma non è solo questo. Vengo comunque risucchiato verso X. Ci sono delle forze che cercano di impedirmi di andare verso Y. È come se le consuetudini, le regole, le normative, perfino i sentimenti e, ovviamente, le persone e le istituzioni, complottino perché tutto continui come prima, anche se il prima si è dimostrato non riuscire più a funzionare. È come se la società, o almeno il pezzo di società in cui agivo io, avesse intorno a se un alone, una forza gravitazionale che non mi permette il cambiamento di rotta. O almeno non mi permette il cambiamento piccolo, quello iniziale e graduale di un cambiamento via via più importante e sostanziale. Ho come l’impressione che se invece decidessi per un cambiamento radicale, più improvviso e netto, riuscirei a battere quella forza gravitazionale. Ma per quel tipo di svolta non ci sono le condizioni, per il momento, e mi auguro che non ci siano mai, perché il presupposto per quel tipo di svolta è per me angoscioso, quasi insopportabile.
Il tempo: dopo essere stato uno di quelli che rimpiange di non aver mai tempo per fare quello che gli piace, ho improvvisamente avuto tutto il tempo del mondo. E avendone tanto, ho cominciato ad allocarlo per cose più e meno importanti, per me e per altri. Oggi, di nuovo, non ho mai tempo per fare quello che vorrei, non riesco ad aggiornare questo blog con la frequenza necessaria, non riesco a portare avanti i progetti messi in cantiere e non riesco a metterne in lista altri. Molto del tempo che oggi torno a sacrificare mi serve per mettere insieme i soldi che prima avevo assicurati a fine mese (e, oltre che sicuri, erano anche molti di più).
I soldi: oggi non ho la disponibilità economica che avevo qualche anno fa. È successo a me, è successo e sta succedendo a tanti. Ovviamente non è facile. Patisco la situazione, ne sento il peso, sono preoccupato (per la verità più per le persone di cui ho e sento la responsabilità che per me). Temo di dover rinunciare a quello che mi ero costruito in tanti anni. Temo che il futuro che mi ero prefigurato sarà in realtà molto più difficile. Oggi faccio delle rinunce. Rinuncio a molte cose che un tempo erano abituali. Non tutto mi sembra più così necessario, ma per certe cose, come le vacanze e i viaggi, non riesco a rassegnarmi.
Il passato e il futuro: se c’è una cosa che ho capito, è che ho vissuto, abbiamo vissuto tutti, come società, al disopra delle nostre possibilità. Il cappuccino e il cornetto al bar ogni mattina, la pausa pranzo fuori, un’automobile a testa, il cinema, la palestra, lo shopping del sabato, la gita domenicale, il centro commerciale, la pay tv, l’home theatre, il nuovo gadget e l’ultimo computer, le scarpe di Tizio e la giacca di Caio, il weekend a Ventotene e la vacanza a New York, il mutuo per la casa, la cena al ristorante, non una, le cene al ristorante, il televisore piatto, il microonde… troppo! Non ce lo possiamo permettere più. Non tutti, almeno. Ci hanno fatto una promessa e ci abbiamo creduto. Ci hanno mentito, forse non intenzionalmente, ma ci hanno mentito. Io questo l’ho capito. Ormai l’ho accettato. Oggi sono pronto al ‘meno’. Il mio futuro sarà ‘meno’, lo so. Spero di riuscirci, perché quella forza gravitazionale mi ripropone in continuazione vecchie situazioni, pericolose tentazioni, sfide insidiose.
Le difficoltà: sto cercando di vendere la casa che ancora non ho finito di pagare. Non mi posso più permettere il mutuo. Ma nessuno la vuole. Almeno al prezzo che io reputo giusto e al quale l’avevo praticamente venduta cinque anni fa, quando volevo prenderne una più bella. Sto abbassando il prezzo, ma il mercato immobiliare, almeno per le case di valore medio-basso è fermo. Per quanto possa abbassarlo, c’è il rischio che io non riesca a venderla. Dunque devo impiegare una quantità maggiore del mio tempo per cercare di guadagnare più soldi per poter continuare a mantenere la casa, retaggio del (mio) vecchio regime. Il campo gravitazionale non mi molla. Le persone che mi sono accanto, mia moglie e mio figlio, fanno parte del campo gravitazionale. Se mio figlio, ancora piccolo, continua a chiedere come fanno tutti bambini della sua età, è normale, ancorché sfibrante. Se è tua moglie, teoricamente adulta, a comportarsi come se da un momento all’altro tutto dovesse tornare come prima, è diverso. E frustrante. E pericoloso. Il campo gravitazionale. Il mio vecchio lavoro, perfino, non mi lascia in pace. L’azienda per la quale lavoravo è fallita a fine 2008. Mi devono ancora dei soldi. Siamo nel 2012, sono passato quasi quattro anni e ancora non li ho avuti. Succederà quest’anno, forse. Saranno molti di meno rispetto a quelli che un giudice ha riconosciuto mi spetterebbero. Mi sarebbero comunque molto utili. In compenso l’Agenzia delle Entrate mi tormenta con richieste al limite della follia per omissioni imputabili all’azienda. Ma è più facile chiedere a una persona che a un’azienda in fallimento. E dunque raccomandate, avvocati, documenti… Il campo gravitazionale.
Lasciatemi stare. Devo cambiare, voglio cambiare strada. Lasciatemi andare.
[…] tema, vi segnalo anche questo, che mi è piaciuto molto: “Se c’è una cosa che ho capito, è che ho vissuto, abbiamo […]
Caro Alberto,
noi abbiamo modo di parlare ogni tanto, dunque, sai già bene come la penso. Le tue osservazioni non fanno una piega, il tuo ragionamento è, dalle prime battute alla chiusura, lucido e condivisibile. Mi permetto però di farti notare che soprattutto nel finale leggo una malinconia che non vorrei, nonostante sarei pronto a comprenderne le ragioni che sono poi insite in quanto hai detto sin qui. Dici bene quando affermi che siamo ormai in molti a vivere una condizione di percepita precarietà, per questo ritengo un luogo come il tuo blog o altri, importanti per condividere anche i malesseri individuali, dallo scambio può arrivare un’idea, una ritrovata voglia di fare altro, la consapevolezza che ci si può liberare del campo gravitazionale, insomma, il mio vuole essere solo un invito allo scambio, uno scambio quasi terapeutico, tipo: “salve, mi chiamo Angelo, ho 45 anni e lavoro da 29, avevo da ragazzo un’idea del mio futuro completamente diversa dall’attuale realtà che mi riguarda. Mi ero stranamente convinto che di generazione in generazione tutto sarebbe cresciuto, migliorato, insomma, pensavo che un giorno lontano avrei aiutato i miei genitori pensionati ad andare avanti, che avrei permesso ai miei figli di studiare serenamente, di prendere parte ad attività sportive e culturali utili per crescere. Pensavo anche che per raggiungere al meglio questi obiettivi bisognava migliorarsi, non ho mai smesso di studiare, di aggiornarmi, di fare del mio meglio per crescere insomma. Poi però, esperienza dopo esperienza, sono arrivato a delle conclusioni, le stesse alle quali credo sia arrivato chiunque non abbia beneficiato nella vita di un cognome “di peso” come dicono quelli che lo hanno, o di “amicizie importanti” come dicono altri. Poi a rafforzare queste riflessioni è arrivata una crisi mai vista prima, allora, ingenuamente, ho pensato: “questo è il momento di capitalizzare tutto ciò che si è appreso in oltre 25 anni di vita lavorativa e di studio ed essere il motore per cambiare le cose, per evitare la catastrofe, in un termine, per partecipare attivamente e con idee e lavoro al cambiamento”. Nulla da fare, senza un cognome di peso o amicizie importanti, le cose più ovvie diventano solo le cose meno interessanti e così, tutto è rimasto invariato…ma le condizioni del mondo no, così la partita è persa. Buttarsi giù? Perdersi d’animo? No, conosco la sensazione del naufrago e so come ci si deve comportare, l’unico obiettivo deve essere sopravvivere perchè la nave dei soccorsi può arrivare cinque minuti dopo essersi lasciati morire, sarebbe un peccato. Quindi, cambiamo metodo di pesca, razioniamo l’acqua, limitiamo al minimo il dispendio inutile di energie, curiamoci del nostro corpo con attenzione per evitare qualsiasi complicazione anche banale come una stupida infezione, e diamoci da fare, senza mai lasciarsi andare. Ho cominciato a reinventarmi, a lavorare sodo su un progetto, del quale tu sai già, ho riposto in questo tante speranze, tanto lavoro e tutto quello che so fare più quello che sto imparando. Non mi aspetto più di poter mantenere i miei genitori quando la loro pensione diventerà poca cosa per vivere – per ora è ancora più alta della mia retribuzione da lavoratore dipendente (chissà per quanto ancora?) – ma mi aspetto di ritrovare una dignità di lavoratore che finora ho visto in qualche modo logorata e intaccata da costumi a me stretti, troppo stretti, per questo come te vorrei poter andare”.
Caro Angelo, la malinconia, è innegabile, c’è. Ma non è quello che volevo esprimere nel post. In realtà il mio post voleva parlare di forze. Quelle necessarie per cambiare strada, e quelle che si contrappongono a renderti la cosa ancora ancora più difficile di quello che è. Sicuramente, a questo punto, un po’ di stanchezza trasparirà dalle mie parole. Voglio dire: la mazzata l’ho presa, e l’ho sentita bene; gli effetti sono duraturi e chissà quando l’onda lunga avrà fine. Ora però io vorrei girare pagina e ricominciare. E invece ci sono tante, troppe cose che stanno lì a dirti che no, che non puoi staccare e cambiare perché comunque ci sono ancora tante cose con le quali devi fare i conti prima di girare la pagina (come se girare la pagina, di suo, fosse poi semplice). E per affrontare queste cose è necessario immergersi nuovamente in quella che ormai consideri una vita sbagliata, dalla quale invece vorresti prendere le distanze il prima possibile. E così la risorsa più importante che hai, il tuo tempo, ricomincia a scivolare in mille rivoli…