Il mio tempo vale. Ma quanto vale il mio tempo?
by albi69
Ultimamente mi è capitato più volte di riflettere sul valore del mio tempo. E facendolo, non mi è stato possibile non pensare al mio tempo passato e a quanto di questo tempo è stato, in un certo senso, sprecato, buttato via senza capirne il reale valore. Negli ultimi anni la mia vita è cambiata radicalmente. Ho cominciato a lavorare due mesi dopo essermi diplomato, e da allora non ho più smesso, diciamo fino alla fine del 2008. L’azienda per la quale lavoravo è fallita e io mi sono trovato in una situazione per me assolutamente inedita: disoccupato. Nei 21 anni in cui sono stato ‘dipendente’ di diverse aziende senza soluzione di continuità, sono stato perfettamente inserito in un sistema che, pur nella sua imperfezione, funzionava. La mia applicazione, il mio entusiasmo, i miei sacrifici anche, sono stati puntualmente (anche adeguatamente?) ricompensati attraverso quegli strumenti che il sistema prevedeva: gratificazione, non solo economica, ruolo sociale, accesso all’acquisizione (o all’acquisto) di tutta una serie di beni materiali e immateriali che questa vita, la nostra vita, consente. In cambio, ho dovuto dare l’unico bene di mia assoluta proprietà, il mio tempo. Una risorsa che, per definizione, è altamente volatile, limitata e dunque estremamente preziosa. Una risorsa con queste caratteristiche andrebbe gestita con grande attenzione, e il suo esatto valore andrebbe adeguatamente calcolato ogni volta che un nuovo stimolo esterno richiede una sua nuova allocazione. Il primo esempio, forse banale, ma su cui io per primo non ho riflettuto mai abbastanza è questo: quanto valgono le 9-10 ore al giorno per cinque giorni alla settimana, che per più di undici mesi all’anno un lavoratore ‘vende’ a questo sistema? Banalmente, non è facile dare una risposta. Perché questo nostro ‘sistema’ non valuta il tempo fine a se stesso, ovvero non lo considera in quanto tale, ma lo include in un ‘pacchetto’ che oltre al tempo considera ulteriori variabili come per esempio il bagaglio di conoscenze e competenze che un lavoratore porta con sé (alle 8 ore di un architetto viene attribuito più valore che alle 8 ore di un operaio), o il luogo geografico dove il lavoratore ‘vende’ il suo tempo (alle 8 ore di un commesso di Milano viene dato mediamente più valore che alle 8 ore di un commesso di Palermo), e così via… Il tutto poi viene filtrato attraverso una specie di setaccio che prende il nome di ‘mercato’ che ha generalmente l’ultima parola nel definire quanto vale il tuo lavoro, e quindi il tempo che ad esso dedichi. Eppure un valore preciso il tuo tempo deve averlo per forza, indipendentemente dallo scopo per il quale lo impieghi. Intendo un valore assoluto, scevro da quelle che sono le valutazioni ‘terze’, altro dal suo ‘valore di mercato’. Cambiamo punto di vista. Lasciamo perdere il valore che gli altri danno al nostro tempo, e vediamo che valore diamo noi al nostro tempo. Per comodità lo chiamerò valore interiore. Il valore interiore che io posso dare al mio tempo sarà, gioco forza, diverso da quello che tu darai al tuo. Questo perché anche il mio valore interiore riflette alcuni stimoli esterni che variano da individuo a individuo. Reminiscenze di economia di base (se ancora ricordo qualcosa): l’economia è la scienza che studia le scelte dei singoli (e della società) per impiegare risorse scarse in modo da ottenere la massima soddisfazione possibile. Dunque il singolo sceglie di impiegare una risorsa scarsa come il suo tempo in un modo piuttosto che in un altro, a seconda della soddisfazione che ne ha in cambio. Di conseguenza il valore che diamo al nostro tempo cambia in relazione a come lo utilizziamo: se lo utilizziamo in modo da ottenere la massima soddisfazione, il suo valore sarà molto alto, se invece lo utilizziamo in un modo che non ci permette di trarne la massima soddisfazione, avremo in un certo senso svilito il suo valore. Ma ancora non ci siamo, pur avvicinandoci a qualcosa di più sensato, stiamo di nuovo definendo il valore del nostro tempo utilizzando strumenti e categorie esterne a noi. Ma è davvero difficile riuscire a stabilire un valore assoluto. È impossibile, probabilmente. Forse è meglio tornare a concentrarci sulle caratteristiche di questa nostra risorsa. Come dicevamo, si tratta di un bene estremamente volatile, ma soprattutto limitato. “Si muore un po’ ogni giorno”, giusto? Ogni giorno che viviamo è un giorno in meno che ci resta da vivere, dunque una risorsa per sua natura già scarsa, lo diventa sempre di più man mano che passano gli anni, i mesi, i giorni, le ore. E come conseguenza diretta, il valore del nostro tempo aumenta man mano che il tempo a disposizione diminuisce. Sembra banale, o almeno io lo avrei considerato tale fino a poco tempo fa. Ma non lo è. Non sappiamo quanto vale il nostro tempo in senso assoluto, ma vale tantissimo. Molto, troppo di più rispetto al suo ‘valore di mercato’. L’ho capito tardi, e per capirlo ho dovuto scendere dalla giostra per un po’, gustare il sapore del tempo passato fuori da un ufficio, usarlo per approfondire, per vivere esperienze diverse, per stare di più a casa, per stare di più con le persone che mi sono vicine, per appassionarmi ad altro. Non è stato e non è facile. La rata del mutuo è sempre lì a ricordarmelo, e un po’ di tensione c’è sempre. Se oggi mi facessero “una proposta che non puoi rifiutare”, probabilmente la accetterei, ma perché si tratti di un’offerta veramente non rifiutabile, dovrà tenere conto di quanto io oggi reputi prezioso il mio tempo.
[…] tempo (lo scrivevamo anche qui), è la risorsa più importante che abbiamo. È la nostra vera ricchezza. Dovremmo veramente avere […]
Quanto mi sento d’accordo!!! E’ uno dei miei dilemmi principali. Ogni giorno che passa non torna piu’, e io sto chiusa in un ufficio a buttare questa preziosissima risorsa per fare qualcosa che non mi interessa… per avere cosa? Dei soldi in cambio. Ne vale la pena? A volte mi dico di no e sarei li’ li’ per buttare tutto. Ma poi la razionalita’ ha il sopravvento: senza lavoro come campo? Non ho chissa’ quanti soldi da parte… Eppure non sono affatto felice di come uso il mio tempo, mi sembra davvero di buttarlo nell’immondizia. Sto cercando di resistere ancora un po’ (tipo 1 o 2 anni) e mettere in atto alcune cose, poi forse potro’ cambiare la mia vita. Ma 1-2 anni sono lunghi e io tutti i giorni ho un giorno in meno da vivere…
Ciao Sab, e benvenuta su Viaggioleggero. Io credo che avendo un progetto reale per cambiare la propria vita, valga comunque la pena investire uno o due anni di pazienza e sacrificio. Non saranno ‘giorni sprecati’, ma ‘giorni di preparazione’… Adf
Rispondo anche qui perchè acnora una volta si tratta di un ragionamento che mi trovo spesso ad affrontare. Il valore del nostro tempo è “quantificabile” solo in via esclusiva, intima, profonda, ha una quantità di variabili di calcolo che se volessimo analizzare questo dato in modo razionale ci sarebbe da stilare una teoria complessa e forse, alla fine, indimostrabile. Per quantificare il valore del tempo, che è un bene assoluto, al di sopra di qualsivoglia sovrastruttura culturale, sociale, economica, devi comunque attingere ai termini di questa sovrastruttura. Mi spiego meglio, il valore del tempo lo puoi esprimere in denaro, il bene per eccellenza del sistema sovrastrutturale nel quale viviamo, ma lo puoi esprimere in titoli, come una laurea per esempio, dunque in gratificazione…tutti elementi propri della sovrastruttura della quale siamo parte integrante. Ecco il punto, riflettere sul valore del tempo richiede a mio avviso una temporanea capacità di astrazione da questo sistema sovrastrutturale. E qui mi costringi ancora una volta a parlare di Oriente, perchè tali valutazioni a livelli sicuramente più intimi, richiedono pratiche di introspezione come può essere, per esempio, la meditazione. Dico questo solo per cercare di inquadrare il sistema per la definizione del valore del tempo individuale, perchè altrimenti abbiamo tanti valori quanti esseri umani, il che a un livello assoluto può rappresentare un dato valido, ma se l’analisi ha per oggetto la corretta valutazione del tempo individuale per definire i corrispetivi sociali allora è un’altra cosa. Rimanendo a un livello più profondo, ritengo anche io il tempo una risorsa che dovrebbe muovere in tutti noi leve motivazionali forti, in quanto basata sulla scarsità e sull’assolutezza del suo valore intrinseco, dunque, perderne non è certo l’atteggiamento giusto. Il problema è la gabbia nella quale ci siamo rinchiusi, dove a eccessi di bisogni fittizi corrispondono eccessi di bisogni concreti, denaro, che ci costringe a eccessi nell’impiego del nostro tempo per guadagnarne. Se continuo così finisco su un cucuzzolo dell’Himalaya, ma gli estremi a volte sono un aiuto per la ricerca dell’equilibrio, ci aiutano a stabilire i confini entro i quali decidiamo di muoverci. Quindi, magari, mi fermo a fare l’eremita al Terminillo, almeno sto vicino alla famiglia. Perdona questa spicciola ironia, ma ritengo anche questa utile quando si affrontano ragionamenti così complessi.
La mia riflessione sul valore del tempo nasceva dalla concreta possibilità che una certa azienda mi facesse di lì a poco un’offerta di lavoro che io sapevo essere assolutamente avvilente. Senza star lì a farla troppo lunga, ti dico che avrei dovuto fare delle cose che non c’entrano assolutamente nulla con quello che ho fatto finora, che avrei dovuto farle dal lunedì al sabato, in un posto che sta a 30 chilometri da casa mia, guadagnando la metà di quello che guadagnavo quattro anni fa. La metà. Lavorando 48 ore a settimana, senza contare gli spostamenti. Non ho avuto modo di accettare o rifiutare perchè il signore in questione non si è più fatto sentire. Ma da lì è cominciata la mia riflessione sul valore del mio tempo (non credo che il tempo abbia un valore oggettivo, perché si tratta di un valore percepito da ognuno di noi in maniera diversa a seconda delle nostre esperienze, dei nostri interessi, dei nostri bisogni, delle nostre capacità e della nostra storia). Prima o poi qualcuno quel lavoro lo accetterà. Io, nonostante le mie difficoltà, non lo avrei accettato. E non perchè lo stipendio è basso, ma perchè il tempo è troppo. Con i soldi posso arrangiarmi, ormai ai tagli mi sto abituando, ma non voglio dedicare tutto quel tempo a fare un lavoro che non mi piace, passando ore in automobile, vedendo poco mio figlio, rinunciando ad alcune cose che oggi mi fanno sentire bene, come questo piccolo blog. Adf
Mi hai fatto riflettere. Il tempo che vola via è tempo già perduto. Ciao
…e non sappiamo quanto ne rimane! Ciao, Adf